L’indagine congiunta AGCM/AGCOM ed i successivi piani del Governo per lo sviluppo della banda larga ed ultra-larga in Italia hanno messo in luce il ritardo accumulato dal nostro Paese nel perseguimento degli ambiziosi obiettivi fissati dall’Agenda Digitale sia dal punto di vista infrastrutturale che socio-culturale. È ancora molto alta, infatti, la percentuale di individui che non utilizzano internet e/o che non ne colgono l’utilità, così come ancora ridotte appaiono le nostre competenze digitali se messe a confronto con il trend dei Paesi più evoluti in Europa e nel mondo. Siamo ancora all’inizio di un percorso che ci porterà – speriamo in tempi rapidi – all’instaurazione di una vera e propria società digitale in cui la rete diventerà davvero il “luogo” privilegiato in cui ricercare e scambiare informazioni e concludere transazioni. Oltre ad un processo di maturazione socio-culturale è richiesto, chiaramente, un importante sforzo – in termini di investimenti – agli operatori, per lo sviluppo delle infrastrutture e delle tecnologie fisse e mobili. Si tratta di investimenti ingenti, fondamentali per il futuro del sistema Paese, sul cui ritorno, quantomeno nel breve periodo, è lecito nutrire qualche dubbio.
In un contesto così incerto in cui, oltre all’infrastrutturazione del Paese, è richiesta una rivoluzione socio-culturale idonea ad accompagnare gli investimenti degli operatori e, dunque, lo sviluppo del Paese, particolarmente interessante appare l’annuncio proveniente dall’amministratore delegato di Enel secondo il quale, per cablare 33 milioni di case, basterebbero 4/6 miliardi. Si tratta di un annuncio interessante ove si consideri che viene esclusa la partecipazione da parte dell’azienda alle gare per investire nella banda ultra-larga e manifestata la disponibilità a mettere a disposizione di quanti vorranno investire la propria rete. Inutile dire che l’infrastruttura di Enel è capillare e che l’utilizzo dei cavidotti esistenti, consentendo di evitare nuovi scavi che, come noto, rappresentano la voce di costo più poderosa nei piani di investimento degli operatori, potrebbe offrire buone possibilità di risparmio. Considerate le stime che quantificano in 16 miliardi i costi per collegare 20 milioni di punti, risultano particolarmente interessanti le possibili sinergie che potrebbero essere realizzate – secondo le parole dell’amministratore delegato di Enel – nell’ambito dell’attività di sostituzione dei contatori e che potrebbero ridurre il costo di cablaggio di 33 mln di case a 4/6 miliardi. Le stesse stime, seppur ancora ad un certo livello di approssimazione, indicherebbero infatti come portare la fibra nell’ultimo miglio, dal cabinet alle case, a 20 milioni di punti costerebbe mille euro a punto, con un onere complessivo di 16 miliardi, che si ridurrebbero di quattro volte mediante utilizzo dell’infrastruttura di Enel.
Non v’è dubbio che qualora i nuovi contatori fossero in grado di supportare tale connubio, si tratterebbe di un’interessante opportunità da valutare – non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto dal punto di vista normativo-regolamentare – in un’ottica di agevolazione della posa della fibra e di risparmio in un contesto così incerto che non è in grado di offrire garanzie sugli sviluppi futuri della domanda e sulla capacità della stessa di sostenere l’offerta degli operatori ma che comunque impone al nostro Paese di stare al passo con il resto d’Europa.