In un periodo in cui sempre più vivo è il dibattito intorno al capacity payment, tema che divide la platea tra favorevoli e contrari, un altro rapporto arriva ad indicare una strada alternativa. Si tratta del rapporto pubblicato lo scorso mese dal Rocky Mountain Institute ed intitolato “The economics of demand flexibility”. Riconoscendo le evoluzioni che interessano il mercato elettrico – che vedono un consumatore sempre più consapevole e partecipe nel processo di gestione dei propri consumi e talvolta di generazione dell’energia stessa – il paper analizza, per il mercato americano, l’opportunità rappresentata dalla flessibilità della domanda. Spinge, innanzitutto, a cambiare la visione per cui l’unica forma di flessibilità sia possibile agendo sul lato produzione. Si afferma infatti che le esistenti tecnologie di controllo e comunicazione, in grado di razionalizzare il consumo di energia spalmandolo sulle ore della giornata in cui l’uso è più efficiente, consentono di ridisegnare il profilo di consumo del cliente riducendone la spesa senza per questo comprometterne l’esperienza in termini di qualità, semplicità, scelta e valore del servizio energetico.
In particolare, l’analisi condotta e presentata nel rapporto ha stimato un risparmio complessivo di circa 13 miliardi di dollari l’anno sul mercato statunitense: come mostra la figura che segue, questo sarebbe il risultato, da un lato, di ridotti costi legati all’efficientamento dei consumi nelle fasce orarie più economiche e al conseguente contenimento dei costi di rete (per oltre 4 miliardi di dollari), dall’altro di ridotti investimenti tradizionali sulla rete. Si parla, con riferimento a questi ultimi, di circa 9 miliardi di dollari e la fetta più consistente riguarda la generazione (7 miliardi circa), ma anche trasmissione e distribuzione contribuirebbero con un discreto valore (2 miliardi circa).
E non è tutto: vantaggi non trascurabili arriverebbe anche per i consumatori, quantificati dall’RMI in un range che va dal 10 al 40% di risparmio sulla bolletta.
In considerazione dei notevoli benefici che ne deriverebbero -e va detto che l’analisi si limita a prendere in considerazione solo il segmento residenziale e solo alcune delle tecnologie potenziali- l’adozione diffusa delle tecnologie che consentono la flessibilità della domanda dovrebbe essere una priorità per gli stakeholder del settore, utilities e regolatori in primis. Le prime – suggerisce l’RMI – dovrebbero impegnarsi a costruire tariffe che riflettano il più possibile i costi marginali, al fine di ridurre i costi in bolletta per i consumatori, ma garantirsi in questo modo anche dei consistenti risparmi sui costi di rete. I regolatori, dal canto loro, anziché rimanere concentrati esclusivamente sul lato produzione, potrebbero ampliare la propria azione ed “assistere” le utilities in questo processo, stimolando l’offerta da parte loro di un ventaglio di tariffe che offra al consumatore possibilità di scelta ed incoraggiando anche forme di partnership con tutti quei soggetti operanti in settori diversi ma affini (home energy management, sviluppo di applicazioni, solare fotovoltaico, ecc.) che attraverso le innovazioni e gli sviluppi tecnologici di cui sono capaci possono aiutare le utilities a rendere l’esperienza del consumatore sempre più semplice, efficiente ed economica.