L’avvento della società dell’informazione sta radicalmente trasformando le abitudini socio-economiche degli individui trasferendo in rete molte delle tradizionali attività. Viviamo in un contesto dominato da internet, dai device mobili e da una varietà incredibile di sensori che ci consentono di misurare e monitorare praticamente ogni cosa. La ricerca online di informazioni su beni e/o servizi, l’utilizzo dell’internet banking e dei social networks, l’invio di e-mail, tutto concorre alla produzione di una mole di dati senza precedenti e che cresce ad un ritmo impressionante tale per cui ogni due giorni viene creato un volume di dati pari alla quantità di informazioni generate dall’umanità intera fino al 2003. Si parla, al riguardo, con una formula ormai entrata nell’uso quotidiano, di “Big Data”, intendendo, con tale locuzione, dati prodotti in grande quantità, ad elevata velocità ed in formati diversi la cui conservazione ed analisi richiedono tecnologie e risorse ben più articolate e complesse di quelle tradizionalmente utilizzate.
Si tratta, dunque, di una vera e propria rivoluzione copernicana che offre enormi opportunità alle aziende in termini di maggiore efficienza organizzativa, migliore focalizzazione delle strategie e personalizzazione delle offerte ma che al contempo pone enormi sfide alle Autorità di regolazione (italiane ed europee) che devono necessariamente perseguire il contemperamento dei diversi interessi in gioco: da un lato, infatti, esiste uno spiccato interesse del mondo delle imprese nei confronti dei Big Data per il loro straordinario valore intrinseco che si manifesta nelle opportunità descritte; dall’altro, sussiste la necessità di assicurare adeguate forme di tutela nei confronti dei consumatori e, dunque, dei soggetti titolari dei dati personali oggetto di trattamento che si trovano ad operare – più o meno consapevolmente – in un contesto digitale sempre più globale in cui i dati viaggiano senza limiti di confine.
È una sfida cruciale da cui dipende, in buona misura, la possibilità per le aziende di cogliere le opportunità connesse ai Big Data. Ogni settore, d’altronde, è stato più o meno rivoluzionato dalla diffusione dei terminali e delle tecnologie di nuova generazione tanto che le stesse aziende sono perfettamente consapevoli del fatto che dai Big Data potrebbe dipendere la propria futura esistenza nel mercato. Il settore delle TLC risulta essere quello più propenso ad investire in Big Data anche se non figura – inaspettatamente – tra le principali fonti di produzione di dati di tal genere (a primeggiare sono abbastanza prevedibilmente i social media). Si tratta di un dato che colpisce ove si consideri che senza dubbio si tratta di imprese che dispongono, per l’attività che svolgono, di enormi capacità in termini di raccolta dei dati. Tale circostanza costituisce la prova di quanto ancora oggi sia complesso, di fatto, operare forme di trattamento dei dati personali. Esiste forse ancora un quadro normativo e regolamentare troppo rigido che nel tentativo, senza dubbio irrinunciabile, di tutelare i soggetti cui tali dati personali si riferiscono, non riesce ancora a fornire risposte rapide, efficaci e proporzionate alle nuove domande che provengono dal mercato né a concepire modalità nuove di gestione delle criticità connesse al trattamento dei dati personali (tra cui potrebbero ipotizzarsi anche forme di ritorno economico per gli utenti che costituiscono la fonte di produzione di queste enormi e preziosissime raccolte di dati).
Vero è che si tratta di questioni ancora in fase di esplorazione e dai risvolti ancora non pienamente prevedibili. Sarebbe dunque opportuna la creazione di momenti di dialogo condiviso in cui tutti gli attori – Istituzioni, imprese e consumatori per il tramite delle proprie associazioni – riescano con spirito pragmatico a mettere sul tavolo le questioni davvero cruciali connesse alla diffusione del fenomeno Big Data al fine di trovare soluzioni condivise che non “ingessino” le imprese ed al contempo tutelino gli utenti partendo dalla consapevolezza – ormai innegabile – che lo spostamento in rete di moltissime delle tradizionali attività, non solo economiche ma anche strettamente private e personali, ha in qualche modo ridisegnato i confini tra il pubblico ed il privato rendendo obsoleti, oltre che spesso inefficaci, i rimedi tradizionalmente apprestati.