L’invecchiamento della popolazione, la crescita demografica e l’aumento dei flussi migratori costituiscono fattori di fondamentale importanza nel processo di cambiamento della società, in quanto elementi chiave nella definizione delle politiche sanitarie. Il X Rapporto Meridiano Sanità della European House Ambrosetti, presentato questo mese a Roma, evidenzia che l’età mediana della popolazione europea è aumentata di 0,3 anni ogni anno nell’ultimo decennio, passando da 39,2 anni nel 2004 a 42,2 anni nel 2014 e che l’Italia risulta il Paese con la più alta percentuale di anziani (21,4%), in netto contrasto con il 12,6% dell’Irlanda, il Paese più giovane dell’UE. Questo dato si riflette in un aumento delle patologie croniche, in particolar modo delle patologie non trasmissibili, quali l’ipertensione arteriosa, cefalea/emicrania e le malattie allergiche che nel 2013 hanno mostrato un aumento rispettivamente pari al +3,7%, +3,1%, +3% rispetto al 2005. Un italiano anziano su due ha inoltre dichiarato di soffrire di artrosi/artrite o ipertensione, il 25,5% soffrirebbe invece di osteoporosi, il 17,3% di diabete ed il 13,3% di depressione o ansia. Ricordiamo inoltre che tra le patologie croniche più diffuse negli ultimi anni, come riportato sul World Alzheimer Report 2015 dell’ADI, sono presenti anche i disturbi mentali, soprattutto le demenze, la cui presenza aumenta con l’aumentare dell’età. Secondo il rapporto Meridiano Sanità sarebbero ben 1,2 milioni le persone con demenza in Italia, 600.000 delle quali affette da Alzheimer, mentre i pazienti con Parkinson ammonterebbero a 230.000. Il rapporto della European House Ambrosetti ha dunque valutato le performance del nostro SSN ponendolo a confronto con gli altri paesi europei su quattro aspetti chiave. I risultati ottenuti sono i seguenti:
- Una prestazione superiore alla media nel settore “stato di salute della popolazione”;
- Una prestazione in linea con la media degli altri Paesi nei settori “Efficienza e appropriatezza dell’offerta sanitaria” e “Qualità dell’offerta sanitaria e responsiveness del sistema”;
- Una prestazione inferiore alla media nel settore “Capacità di risposta ai bisogni di salute”.
Anche se è stata rilevata la presenza non indifferente di fattori di rischio per i bambini (obesità e sedentarietà) ed un’aspettativa di buona salute in calo, le performance più basse sono state registrate sui tassi di copertura vaccinale (bambini e anziani), sul tasso di copertura degli screening, sul consumo di farmaci innovativi e sui posti letto per long term care. Malgrado la spesa sanitaria italiana del 2014 sia stata pari a 144 miliardi di euro, di cui 111 di spesa pubblica (+0,9% rispetto al 2013) e 33 di spesa privata (+3,2% rispetto al 2013), il rapporto invita il nostro Paese ad investire meglio puntando su prevenzione e innovazione per generare valore. La spesa in prevenzione è stata infatti pari al 4,19% del totale (4,9 miliardi di euro nel 2013), facendo registrare dunque un sotto-finanziamento di 1 miliardo di euro rispetto all’obiettivo del 5% stabilito nei LEA, mentre il consumo di farmaci introdotti in Italia nel 2014 è stato inferiore di ben il 91,2% rispetto alla media di altri Paesi (Francia, Regno Unito, Germania, Spagna), per quelli introdotti nel 2013 il consumo è stato più basso dell’81,6%. Le criticità riscontrate, che rischiano di compromettere lo stato di salute della popolazione, sarebbero in gran parte dovute alle diversità regionali presenti sul territorio nazionale e potrebbero portare a sottostimare la ricomparsa di importanti malattie infettive e l’aumento delle patologie non trasmissibili. Il rapporto invita dunque il nostro Paese a puntare su prevenzione e innovazione, per esempio attraverso la diffusione delle innovazioni in campo sanitario (dai farmaci innovativi alla telemedicina e alla digitalizzazione dei dati), il miglioramento dell’attività di HTA a livello centrale e tramite un nuovo modello di governo della spesa farmaceutica.