Come vedremo film e serie tv nel futuro prossimo ? Cronache dalla Conferenza di Amsterdam sulla circolazione transfrontaliera dei contenuti audiovisivi

amsterdam.axdSi chiudono oggi ad Amsterdam i lavori della Conferenza europea sulla Promozione della Circolazione transfrontaliera dei contenuti audiovisivi organizzata dalla Presidenza di turno olandese. Un programma di lavori ricco ed interessante su uno dei temi che sta più a cuore alla Commissione Europea nel quadro del Digital Single Market, ovvero l’adozione di strumenti  volti rimuovere gli ostacoli che impediscono una libera diffusione delle opere audiovisive all’interno del mercato europeo. Strumenti che necessariamente si intrecciano con il nuovo ecosistema digitale, le regole del copyright, le  abitudini di consumo da parte degli utenti e le nuove politiche di sostegno economico al comparto.

Un evento che capita in una fase molto dinamica dove i processi di consolidamento ed integrazione sembrano aver subito una nuova accelerazione, come dimostra l’avvenuta fusione tra Banijay e Zodiak e le mire espansionistiche di Vivendi nel nostro Paese con le voci insistenti di un ingresso nel capitale di Cattleya accanto a quelle (smentite) di acquisizione di una quota di Mediaset Premium. Il processo di globalizzazione non sta risparmiando neanche gli Usa dove un paio di giorni fa una delle più prestigiose case di produzione (Miramax) è finita nella mani del Quatar.

Dopo il saluto di benvenuto del giovane Ministro olandese della Cultura, dell’Educazione della Scienza (Sander Dekker), la conferenza è stata aperta da Red Hastings Ceo di Netflix (l’azienda che dirige da oltre 30 anni quando il core business era la spedizione postale delle videocassette in giro per gli States) che ha tenuto un brillante discorso a braccio mostrando le immagini in anteprima di due prodotti locali di punta come The Crown sulla vita della famiglia reale inglese e in particolate della regina Elisabetta e la tanto annunciata Marseille a dimostrazione del concreto impegno (al di là delle quote) ad investire in produzione originale europea.

La vetrina offerta dalla presidenza olandese al leader mondiale dello streaming svod davanti a circa 300 operatori dell’industria europea dell’audiovisivo e ai numerosi rappresentanti delle istituzioni nazionali e sovranazionali era quasi un atto dovuto visto che Netflix ha deciso di stabilire la propria residenza europea proprio nella terra dei tulipani. Il motivo è noto ed ha a che fare – oltre che per ragioni di natura fiscale – con il famigerato principio del Paese di origine difeso a spada tratta da Netflix. In base a tale principio, pur operando i propri servizi in più di 10 paesi Ue, Netflix è assoggettata solo ai vincoli contemplati dalla legge olandese che ha trasposto la direttiva europea sui servizi audiovisivi: vincoli che variano molto da Paese a Paese e di certo sono meno stringenti nei Paesi Bassi così come in Irlanda o nel Regno Unito, rispetto a quelli in vigore a Parigi o a Roma.

Ci riferiamo alle quote di investimento e di programmazione di opere europee. A quanto sembra di capire il mantenimento del Paese di Origine è condiviso anche alla Commissione Europea (nonché da un numero ampio di Paesi membri), a patto che a differenza di quanto accade adesso le regole siano davvero uguali per tutti.

Nella sostanza l’obiettivo dichiarato è quello di una di raggiungere una reale armonizzazione del quadro normativo che azzeri o quantomeno riduca drasticamente le vistose differenze esistenti a livello di quadro normativo nei 28 Paesi membri. Armonizzazione che potrebbe vedere un ruolo più attivo e coordinato delle Autorità nazionali di regolamentazione. Questo è uno dei dossier caldi al quale sta lavorando alacremente la Dg Connect, lavoro che dovrebbe tradursi, prima dell’estate (al termine di una complessa attività di valutazione di impatto) in una proposta di nuovo testo della Direttiva Servizi Media Audiovisivi. La parola d’ordine sulla quale sembrano convergere istituzioni ed operatori è “light regulation” ovvero un alleggerimento del carico regolatorio che pesa sui broadcaster non solo in materia di promozione delle opere europee ma ad esempio anche di tetti di affollamento pubblicitario o tutela dei minori. Questione che sta a cuore anche al governo italiano che nel ddl cinema varato un mese fa ha introdotto una delega per intervenire sul Testo Unico sui Servizi Media Audiovisivi per modernizzare e rendere più efficace la disciplina che regola i rapporti tra reti televisive e produzione indipendente. Una delle misure allo studio è quella di introdurre criteri di gradualità e flessibilità per il rispetto delle quote di investimento (su base pluriennale anziché annuale) in cambio di una maggiore certezza nel volume degli investimenti circoscrivendo in modo più chiaro le specifiche voci di costo.

Rinviando ad una più approfondita disamina gli esiti dei numerosi panel che si sono succeduti tra ieri o oggi (ben 6 dalle coproduzioni internazionali allo stroytelling nella Digital Age, passando per le strategie di engagement dell’audience fino ad esplorare il terreno effervescente della produzione e distribuzione di video sulla rete) torniamo alla questione cruciale discussa ad Amsterdam. Come far viaggiare in modo più agevole e spedito i contenuti europei in giro per l’Europa dove notoriamente si registra un elevato grado di frammentazione e una delle preoccupazioni maggiori è quella di garantire la diversità culturale ? Attualmente agli europei che viaggiano all’interno dell’UE accade di non poter fruire di servizi di contenuti online quali film, trasmissioni sportive, musica, e-book o giochi per accedere ai quali hanno pagato nel proprio paese di origine.

Non è un caso che il primo atto normativo prodotto dalla Commissione è stata la proposta di regolamento sulla portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online con l’obiettivo di rimuovere tali restrizioni per consentire ai cittadini dell’UE che si spostano in un altro Stato membro di continuare ad accedere ai contenuti digitali che hanno acquistato o per i quali hanno sottoscritto un abbonamento nel proprio paese di origine.

Nell’analisi di impatto che accompagna il regolamento sulla portabilità transfrontaliera, vengono fornite alcune stime previsionali sul consumo di contenuti on line che legittimano l’opportunità di intervenire. Entro il 2020 il numero di smartphone in Europa raddoppierà raggiungendo la cifra di 800 milioni. Chi possiede uno smartphone consuma più di 4 ore di contenuti video su base settimanale: metà ne fruisce mentre è in viaggio. Circa 60 milioni di abitazioni europee (20% del mercato pay-tv) sottoscriveranno un abbonamento a servizi di video streaming, entro il 2020. Nel 2014 il numero di abbonati a servizi Vod in 14 Paesi Membri (circa 3mila tra catch-up tv ed offerte vod) è stato pari a 25 milioni. Tenendo conto anche delle dinamiche di crescita dei flussi turistici, sempre il 2020 ci si attende che la quota di utenti potenzialmente interessati a fruire di servizi on line mentre sono fuori dai confini della propria residenza nazionale, raggiunga il 14% del totale dei consumatori europei, ovvero 72 milioni di persone.

La portabilità transfrontaliera dei contenuti online – secondo i piani della Commissione – dovrebbe diventare operativa nel 2017 (immediatamente applicabile nei 28 Paesi membri) in concomitanza con l’abolizione delle tariffe di roaming nell’Unione nel quadro di una più complessiva azione di “modernizzazione del quadro normativo dell’UE per il diritto d’autore” i cui punti chiave sono stati delineati nella comunicazione del 9 dicembre 2015 (Towards a modern, more European copyright framework).

Pur condividendo la strategia complessiva della Commissione sono ancora molti gli interrogativi sul tappeto, alcuni dei quali sono stati al centro di una tavola rotonda organizzata da I-Com poche settimane fa.

Siamo certi ad esempio che il piano di azione della Commissione di riforma del Copyright risponda pienamente al duplice obiettivo di tutelare i consumatori rendendo i contenuti più ampiamente disponibili in tutta l’UE e al tempo stesso di garantire una adeguata remunerazione ai creatori ed altri titolari dei diritti facilitando l’affermazione di nuovi modelli commerciali ? Le industrie creative e della distribuzione e degli Stati membri sono sufficientemente coinvolte in questo processo di riforma ? Si sta tenendo in debita considerazione la specificità dei modelli di business che finanziano l’industria audiovisiva e che sono fondati su licenze territoriali ? Oltre alla revisione dell’acquis europeo sul diritto d’autore, ci sono altri strumenti mettere in campo per garantire una più ampia circolazione transnazionale dei contenuti sulle piattaforme digitali ? Ancora. E’ opportuno rafforzare il sostegno economico fornito dall’UE attraverso il programma “Europa creativa” e i programmi di ricerca e innovazione, attraverso ulteriori incentivi all’offerta legale di servizi vod nell’UE ? Infine, in materia di enforcement come valutate il principio del “follow the money” per tagliare i flussi finanziari verso le imprese che traggono profitti dalla pirateria ?

Nonostante gli sforzi sinora condotti, la strada è ancora lunga e complessa anche in ragione dell’elevato numero di dossier in campo, molti di quali strettamente connessi tra loro. Momenti di confronto e di riflessione tra gli stakeholders come quello di Amsterdam sono quanto mai necessari per comprendere se gli strumenti e le soluzioni individuate sono coerenti per rilanciare l’industria europea dei contenuti. Senza dimenticare che il nuovo sistema di regole dovrà poi essere recepito dalle normative nazionali…