Dopo una prima ondata di forti, diffuse, perplessità e un successivo momento di silenzio, è tornato di grande attualità il tema del canone Rai, introdotto all’interno della bolletta elettrica con la Legge di Stabilità 2016. L’interesse è stato ridestato da alcune dichiarazioni del Premier, Matteo Renzi, che avrebbe annunciato di voler ridurre ulteriormente l’importo del canone per il prossimo anno.
Nel 2015 l’importo dovuto (113,50 euro) ha generato entrate per 1,637 miliardi di euro, dei quali quasi il 94% proviene dalle utenze private (le famiglie), circa il 5% da quelle speciali (esercizi pubblici, in locali aperti al pubblico o comunque fuori dell’ambito familiare) e poco meno del 2% dalla riscossione coattiva dei canoni degli anni precedenti.
La maggior parte dei Paesi prevede il pagamento di un canone per il mantenimento della televisione pubblica; tra quelli con cui si è soliti rapportarsi solo la Spagna non risulta allineata, non essendo finanziata da uno specifico canone.
Confrontando il canone italiano con quello di diversi Paesi, ci si rende conto che l’importo dovuto, per quanto più contenuto rispetto ad altri, non è uno dei più bassi in assoluto, infatti, la Francia e l’Austria seguono con scarso distacco. Il primato per l’importo più elevato è detenuto da due dei tre Paesi scandinavi, Norvegia e Danimarca, rispettivamente 364 euro e 327 euro, mentre la Finlandia risulta aver eliminato l’imposta sul possesso del televisore.
La discrepanza tra importi è in parte giustificabile con le diverse modalità di gestione delle reti televisive pubbliche, vi è infatti, chi ha optato per entrate miste provenienti dal pagamento del canone e dalla pubblicità, chi ha completamente abolito quest’ultima componente e chi ha deciso di limitarne il passaggio a determinati giorni, orari e programmi.