Nuovi limiti alle emissioni: è tempo di scelte per le utility

immagineIl nuovo regolamento, approvato lo scorso 28 aprile da una commissione di Stati Membri e denominato LCP BREF (Large Combustion Plants Best available techniques Reference document), fissa nuove regole, ponendo limiti a vari tipi di inquinanti provenienti dalle centrali termoelettriche, quali ossidi di zolfo (SOx), ossidi di azoto (NOx), il mercurio e il particolato (PM).

L’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA) ha prontamente prodotto uno studio, “Europe’s coal-fired plants: rough times ahead. Analysis of the impact of a new round of pollution controls”, col quale preannuncia tempi duri per le utility, che avranno tempo fino al 2021 per adeguare i propri impianti alle nuove regole.

Lo studio si basa su un campione di 600 impianti in tutta Europa, con una capacità installata superiore ai 50 MW. Da una prima analisi emerge che sono 108 gli impianti col maggior carico inquinante, tutti con una capacità superiore ai 300 MW e con un valore delle emissioni inquinanti che sforano di almeno il 40% i nuovi limiti stabiliti. È per questa ragione che gli autori del rapporto li classificano come impianti a rischio chiusura: gli interventi necessari per ammodernarli in maniera tale da uniformarsi alle nuove regole sarebbero estremamente costosi, se non proibitivi.

Si tratta complessivamente di circa 187,4 GW di potenza installata, di cui quasi la metà – come si evince dalla successiva figura – attiva in Polonia. Un’altra buona fetta si trova nel Regno Unito (18%) e in Spagna (15%). In Italia sono 1,6 i GW di potenza a rischio dismissione: si tratta di un impianto di A2A e due di proprietà di Enel (che deve, però, considerare la chiusura anche di un impianto in Spagna che, da solo, produce 3,8 GW).

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Come gli stessi autori dello studio concludono, il vero punto per gli operatori del mercato sta nell’accettare che il settore della generazione elettrica sta attraversando una fase di profonda ed inesorabile transizione, dalla quale non ci si può esimere e che non si può pensare di affrontare cercando in tutti i modi di star dietro ad una regolamentazione in continuo (e rapido) cambiamento. Si tratta, piuttosto, di realizzare che alcuni vecchi modelli di business sono oramai obsoleti ed insostenibili e che, talvolta, la strategia vincente non è “resistere” ma assecondare il cambiamento, anche con scelte drastiche laddove necessario. E forse è questo il caso.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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