Con l’arrivo del servizio Prime Video di Amazon e la partenza della Vodafone TV, il mercato audiovisivo digitale in Italia è ormai presidiato da tutti i principali operatori nazionali e internazionali che offrono il proprio servizio esclusivamente online (gli OTT puri), attraverso pacchetti triple/quadruple play (le telco) o a compimento della propria offerta audiovisiva (i broadcaster).
La crescita del mercato digitale va di pari passo con il declino del mercato “fisico” che, pur resistendo (in Italia rappresenta circa l’80% dei ricavi totale dell’home entertainment secondo Univideo), anche a causa di una scarsa penetrazione delle offerte a banda larga, è destinato a cedere il passo alle più agevoli offerte VOD.
Tuttavia la tecnologia digitale se da un lato ha permesso agli utenti di avere a disposizione una scelta illimitata di contenuti, dall’altro ha reso infinitamente più semplice la diffusione di copie non autorizzate di opere coperte da copyright di qualità simile all’originale. Con il cambiare delle abitudini di fruizione degli utenti anche la pirateria cambia dunque faccia: se quella fisica e indiretta (vale a dire la ricezione o visione di DVD/Blu-ray contraffatti appartenenti a terzi) sono calate rispettivamente dell’81% e 50%, la pirateria digitale ha registrato un aumento del 78% rispetto al 2010.
Lo afferma l’ultima indagine sulla pirateria condotta da Ipsos per conto di Fapav, che ha rilevato che nel 2016 il 39% degli italiani adulti ha commesso un atto di pirateria su film, serie o programmi TV. Il 33% della popolazione adulta ha avuto accesso illegalmente ai film, il 22% a serie TV e il 19% a programmi di intrattenimento. La pirateria più diffusa è quella digitale, commessa dal 33% della popolazione (ma i pirati esclusivamente digitali sono stimati in circa il 15%); la pirateria fisica coinvolge il 10% della popolazione, mentre quella indiretta è pratica del 21% degli individui adulti. L’impatto complessivo della pirateria di film e serie TV si stima in 128 milioni di fruizioni perse nel 2016 attraverso i canali legali, che provoca un danno per l’industria audiovisiva di 686 milioni di euro l’anno, vale a dire 1,2 miliardi di euro di fatturato persi dalle aziende, che impattano sul Pil per 427 milioni di euro e sui lavoratori per 6.540 posti persi.
La lotta alla pirateria, secondo la FAPAV deve passare attraverso due tipologie di azioni: educazione alla legalità attraverso il cambiamento della percezione che gli utenti hanno della pirateria e lotta ai siti web che la praticano. Risultano dunque fondamentali le attività di comunicazione ed educazione, l’intervento dell’autorità giudiziaria e gli accordi di autoregolamentazione.
In Italia si sta facendo molto sul secondo fronte, dal momento che grazie alla collaborazione dell’Agcom sono stati bloccati 94 siti illegali in tre anni. Il blocco dei siti pirata (quasi mille in Europa) deve essere tuttavia accompagnato da una maggiore disponibilità di servizi legali che sono 480 nel mondo secondo Chris Dodd, numero uno di MPAA – Motion Picture Association of America. In questo modo si potrebbe aumentare la percentuale di coloro che, vedendosi oscurare un sito pirata, si rivolgono alle alternative legali. Tale percentuale è al momento piuttosto bassa in Italia: il 31% del campione analizzato da FAPAV.
Il primo fronte rimane invece un punto debole, dal momento che l’indagine ha rilevato che l’82% dei pirati è consapevole che la pirateria è un reato e il 57% ritiene improbabile venire scoperto e sanzionato. L’educazione alla legalità deve coinvolgere anche le generazioni più giovani, dato che un adolescente su 2 tra i 10 e i 14 anni dichiara di aver visto almeno un film, serie o programma TV piratato nell’ultimo anno. Operazione per nulla semplice se si pensa che la maggioranza dei pirati, l’89% secondo FAPAV, è soddisfatta della qualità di contenuti ottenuti illegalmente.
È necessario dunque lavorare a fondo per spingere un numero sempre più alto di pirati verso la legalità e attivare quel circolo virtuoso che porta nuova linfa al settore in termini di posti di lavoro e investimenti in innovazione, la conseguente maggiore disponibilità di contenuti e più possibilità di scelta per gli stessi utenti finali. Al contrario, la pirateria è un’attività criminale che oltre a ottenere profitti illegali dalla distribuzione di prodotti non originali, danneggiando un settore che solo in Europa conta un milione di professionisti, lo fa attraverso il furto di dati sensibili.
Un fronte su cui si battono i giganti del web per contrastare la diffusione della pirateria è quello dell’accorciamento delle finestre di rilascio: il periodo di tempo che va dalla prima uscita al cinema alla disponibilità in VOD sarebbe, secondo gli OTT, troppo lungo e lascerebbe ampio spazio per la proliferazione di opere illegali. A seguito del dibattito che ha portato l’organizzazione del Festival di Cannes ad estromettere i film rilasciati esclusivamente in VOD il Comitato Cultura del Senato francese ha presentato una proposta di riforma per accorciare i tempi a favore del VOD a patto che i fornitori di servizi on demand accettino impegni pluriennali a lungo termine per finanziare il settore cinematografico francese, una soluzione che permetterebbe, secondo il Comitato, di contrastare la pirateria in maniera più incisiva.
La lotta alla pirateria è anche nell’agenda della Commissione europea che di recente ha presentato il piano per la lotta alla diffusione dei contenuti illegali online, adottando una strategia di soft law, che consisterebbe in memorandum, codici di condotta, azioni intraprese spontaneamente dagli OTT. Nel caso non si raggiungano i risultati sperati, si passerà ad un nuovo Regolamento che preveda sanzioni in caso di inadempienza. Un approccio che è partito già nei mesi scorsi con l’approvazione di un codice di condotta condiviso con i principali player del settore (Facebook, YouTube, Twitter, Microsoft) nella lotta ai contenuti illegali in rete. L’approccio della Commissione, in sostanza, è quello di non definire a priori quali sono i contenuti illegali, ovvero, non applicare una censura preventiva, ma, attraverso il meccanismo del notice and take down, indurre gli stessi operatori alla rimozione di quei contenuti che vengono segnalati come illegali.
in collaborazione con Monica Sardelli