Big Data: grandi opportunità ma siamo pronti alle sfide?

Lo sviluppo dei _Big Data_ impone nuove sfideCome ogni anno, prima della sua chiusura, I-Com ha presentato, in occasione del convegno pubblico tenutosi lo scorso 12 dicembre a Roma, la nuova edizione del Rapporto Consumatori, intitolato “Le rotte dei consumatori tra protezione e mercato e la mappa della regolazione”, che offre il consueto aggiornamento su come imprese, da una parte, e consumatori, dall’altra, stiano affrontando la rivoluzione digitale in atto, con riguardo tanto alle opportunità tanto alle sfide che la interessano.

In un contesto sempre più incentrato su Internet e sull’utilizzo dei device mobili si assiste, infatti, alla produzione di una quantità di dati senza precedenti. Dati che hanno generato un valore di mercato nel 2016, solo in Italia, pari a complessivi 4,6 miliardi di euro – circa l’8% del totale UE – che si stima salirà, crescendo di quasi il 50% nel prossimo quadriennio, a oltre 6,3 miliardi di euro entro il 2020. Non solo: la cosiddetta economia dei dati – ossia il mercato dei dati, inclusa tutta la filiera che li riguarda – impatta sull’economia italiana per un importo pari a 28,4 miliardi di euro, ossia l’1,52% del PIL nazionale.

Numeri, questi, che si traducono in un potenziale enorme, che è ormai sotto gli occhi di tutti e non più trascurabile. La loro analisi, infatti, può fornire alle aziende una conoscenza molto approfondita sia dei processi aziendali sia dei comportamenti dei consumatori. Uno dei principali canali di miglioramento della produttività aziendale è la riduzione dei costi operativi grazie alla precoce identificazione di errori o malfunzionamenti nei processi produttivi, rendendo il potenziale in quest’area di più facile raggiungimento. Tuttavia, il maggior potenziale associato ai Big Data va ricercato nel cosiddetto Data-to-Management, ma la sua realizzazione richiede un cambiamento notevole in quello che è il data-driven decision-making all’interno delle imprese europee e, dunque, uno sforzo organizzativo importante e di difficile applicazione. Inoltre, la raccolta delle informazioni e la loro gestione con la logica dei Big Data rivestono un ruolo strategico per le imprese, soprattutto per la creazione di nuove forme di valore. A dispetto di ciò, ancora scarso appare, in Italia ma anche negli altri Paesi UE, il cosiddetto Big Data Analytics (BDA): i dati Eurostat rilevano che solo il 9% delle imprese italiane, nel 2016, ha utilizzato strumenti di BDA, poco meno d’altra parte della media UE (10%); la performance migliore in questo senso viene registrata da Malta e Paesi Bassi, dove comunque solo circa un’impresa su cinque fa uso di tali strumenti.

In termini più macroeconomici, questi dati genereranno importanti benefici sul piano della crescita economica, dell’offerta di servizi innovativi, della creazione di posti di lavoro e di progresso sociale.

Anche i consumatori non sono esenti dalla rivoluzione in atto, e non solo passivamente: esiste, infatti, una tendenza crescente all’utilizzo dei dati nei propri processi decisionali, che non necessariamente hanno a che fare in maniera esclusiva con le scelte di acquisto, ma sicuramente queste ultime ne rappresentano una parte significativa. Si parla di numeri ancora decisamente contenuti: dai dati IDC (International Data Corporation) risulta che appena il 4% degli italiani, nel 2016, ha preso decisioni o modificato i propri comportamenti sulla base dei dati acquisiti tramite i dispositivi elettronici, ancora poco ma comunque un valore raddoppiato rispetto a solo un anno prima. Mentre appare decisamente più diffusa questa tendenza in Paesi quali Regno Unito, Francia e Irlanda.

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Se i benefici sono oramai piuttosto chiari a chiunque, quello che richiede oggi una maggior consapevolezza e soprattutto l’impegno da parte di tutti sono invece gli aspetti critici e gli ostacoli che, se non affrontati, rischiano di impedire la reale e piena realizzazione del potenziale dei Big Data. Si parla, allora, di competenze critiche che scarseggiano – e la situazione non pare migliorare da qui ai prossimi anni – di investimenti infrastrutturali strategici ancora troppo timidi e poco mirati (si pensi alle infrastrutture di sicurezza informatica), o ancora temi tanto discussi quanto poco definiti, quali la privacy e la localizzazione del dato – temi che richiedono un attento bilanciamento di interessi tra la tutela dei consumatori ed il necessario incentivo per le imprese alla condivisione dei dati e ad una loro maggiore circolazione – ma anche quello della proprietà del dato, aspetto ancora controverso e che richiede una rapida e chiara definizione.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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