Big Data e Data Analytics: a che punto siamo in Italia

Big-Data-Cost-768x335Se si pensa alla ricchezza del futuro il pensiero immediatamente vola ai dati o meglio ai Big Data, questa enorme mole di informazioni che ciascuno di noi più o meno consapevolmente ogni giorno immette in rete. La massiccia digitalizzazione dei servizi, infatti, unita alla sempre crescente diffusione di device mobili, social network e sensori in grado di monitorare praticamente ogni aspetto del nostro vivere quotidiano, sta trasformando la rete nel “luogo” privilegiato in cui individui ed imprese interagiscono riversando una quantità di informazioni senza precedenti.

Nessun paese e nessun settore è esente dal cambiamento in atto. Una interessante fotografia della situazione Big data e Data Analytics nel nostro paese è offerta dall’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano nella ricerca 2017 “Big Data is now: tomorrow is too late”. La ricerca, in particolare, registra per tale settore una crescita del 22% che vale 1.103 milioni di Euro, con un importante incremento rispetto ai 905 milioni di euro del 2016 (nel 2016 la crescita era stata del 15% mentre nel 2015 del 14%). Guardando ai diversi settori, la stessa ricerca rileva come il mondo delle banche e della finanza sia uno dei settori più attivi con una quota di investimenti del 28% nel 2017, seguiti dal Manifatturiero con il 24% e da Telco e Media con una quota del 14%. La PA, il mondo della Smart Health, Grande Distribuzione Organizzata e Retail registrano una quota del 7%, Utility ed Assicurazioni del 6%. I tassi di crescita esprimono il primato di Assicurazioni, Manifatturiero e Servizi che rivelano tassi superiori al 25%, mentre Banche, Grande Distribuzione Organizzata e Telco e Media registrano  tassi di crescita tra il 15% ed il 25%.

Quanto alle tipologie di data analytics adottate nel nostro Paese nel 2017,  premesso che il maggiore interesse ed i più ingenti investimenti per tali strumenti riguardano le  grandi imprese, la ricerca evidenzia come il 100% del campione abbia ormai adottato in modo strutturale le Descriptive Analytics, ossia strumenti di Analytics orientati a descrivere la situazione attuale/passata dei processi aziendali e/o aree funzionali che consentono una visualizzazione degli indicatori di prestazione. Le Predictive Analytics sono arrivate, invece, nel corso del 2017 al 73% con la diffusione di strumenti avanzati per l’analisi dei dati in particolare grazie a strumenti di forecasting e a soluzioni per la gestione di modelli predittivi. Le Prescriptive Analytics, che offrono alle imprese soluzioni operative e strategiche basati sulle analisi dei dati rappresentano una quota del 33% mentre le Automated Analytics, infine, ovvero gli strumenti che permettono di automatizzare le azioni collegate all’analisi dei dati rappresentano nel 2017 una quota dell’11%.

Alla rivoluzione in atto si accompagna inevitabilmente un ripensamento delle competenze e dei modelli organizzativi aziendali. Posto che nel 2017 il 43% dei CIO italiani vede la Business Intelligence, i Big Data e gli Analytics come la principale priorità di investimento nel 2018, quasi un’impresa su due ha già inserito nel proprio organico uno o più data scientist, salendo al 45% dal 31% del 2016. Ciò nonostante il processo di trasformazione delle tradizionali imprese italiane in “big data enterprise” è ancora ad un livello embrionale. Soltanto il 17% ha raggiunto un buon livello di maturazione (contro l’8% del 2016), mentre il 26% si trova in una fase di riconfigurazione dei propri processi organizzativi e il 55% è rimasto legato a un modello organizzativo tradizionale, in cui le singole unità di business analizzano i dati di propria competenza senza una visione aziendale complessiva.

I dati analizzati mostrano quanto la strada sia ancora lunga e quanto sia importante per poter cogliere le sfide del futuro ed accrescere la competitività del sistema paese premere l’acceleratore sull’acquisizione della consapevolezza e sugli investimenti in sistemi e competenze in grado di raccogliere e valorizzare i dati, il vero petrolio del futuro.

Vicepresidente dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Tor Vergata nel 2006 ha partecipato, nel 2009, al master di II Livello in “Antitrust e Regolazione dei Mercati” presso la facoltà di Economia della medesima università conseguendo il relativo titolo nel 2010, anno in cui ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.