Sono quasi 366.000 le imprese che nel corso del 2016 hanno investito nella formazione dei dipendenti. Inoltre, quasi un impiegato su tre – 3,2 milioni di persone in tutto – ha potuto migliorare le proprie competenze grazie all’attività di aggiornamento organizzata sul posto di lavoro. Sono questi alcuni dei dati principali che emergono dallo studio dal titolo “Sistema informativo Excelsior“ realizzato da Unioncamere in collaborazione con Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro.
La formazione e il perfezionamento, soprattutto con l’avvento delle nuove tecnologie, sono elementi fondamentali in campo aziendale perché permettono alle imprese di rispondere alla cosiddetta “skill obsolescence” e di adeguarsi al rinnovamento continuo dei sistemi operativi. In tal senso, nel 73% dei casi l’aggiornamento a cui i dipendenti si sottopongono riguarda le nuove metodologie di gestione di procedure già svolte in azienda. Gli strumenti, però, sono nuovi e necessitano di un periodo di rodaggio. Nel resto dei casi, i fondi sono destinati per il 14% alla formazione dei nuovi assunti e per il 13% all’acquisizione di conoscenze ex novo.
Sotto questo profilo è da segnalare il ruolo giocato dal Piano nazionale Impresa 4.0 che ha introdotto alcune misure di sostegno alla formazione. In particolare un credito di imposta che permette agli impiegati di aggiornarsi e ottenere competenze in ambiti specifici e soprattutto nel campo digitale. Big Data, Internet of things e cybersecurity sono gli argomenti di cui si discute maggiormente.
Le tipologie formative sono per il 19% legate a procedure di affiancamento nei confronti dei profili aziendali young, per il 12% sono effettuate tramite corsi interni e per il 20% attraverso attività formative esterne.
Il settore che investe maggiormente in formazione è quello dei servizi finanziari e assicurativi che arriva al 54,4%. Le industrie chimiche e farmaceutiche si piazzano sul secondo gradino del podio con il 45,8% mentre – a pochissima distanza – troviamo le aziende che operano in ambito sanitario e di assistenza sociale le quali nel 45,6% dei casi si impegnano nella formazione del personale.
Anche nel campo dei corsi di aggiornamento aziendale si nota un forte divario tra le regioni del Nord Italia e quelle del Sud. Nel Nord-est è mediamente il 33% delle aziende a “istruire” i suoi dipendenti, dato che scende leggermente nelle regioni dell’Italia nord occidentale che si fermano al 29,7%. A trainare in assoluto il sistema formativo è il Friuli Venezia Giulia, in cui è il 35% delle imprese a investire in formazione. Seguono Trentino Alto Adige (34,6%) e Veneto (33,4%). Nel centro Italia la media si attesta intorno al 25%.
Le aziende calabresi sono invece il fanalino di coda dal punto di vista degli investimenti destinati all’aggiornamento dei dipendenti aziendali: in Calabria si occupa di formazione solo il 17,7% delle imprese. Il dato non si discosta particolarmente dalla media delle regioni meridionali – tutte a fondo classifica – dove le aziende che investono in formazione sono solo il 21% del totale.
Non è dunque un caso che i capoluoghi che ospitano le aziende dove si investe maggiormente in formazione, siano tutti situati in regioni del Nord. Ai primi dieci posti troviamo le province di Pordenone, Parma, Trento, Belluno, Trieste, Treviso, Ravenna, Verona, Bergamo e Lodi. Male, invece, le città del Sud e delle isole accompagnate da Fermo, nelle Marche, unica eccezione del centro Italia in cui la formazione aziendale non riscuote particolare successo.