L’intervento del presidente dell’Istituto per la Competitività (I-Com), Stefano da Empoli
Il tema della democrazia e della partecipazione nell’era digitale è ormai uno dei trend topic della saggistica di questa fase storica. I punti di vista sono molti e vengono da specialisti di discipline molto diverse, come dimostra anche il panel raccolto da I-Com per la presentazione del libro di Gianluca Sgueo, dal titolo “Ludocrazia. Quando il gioco accorcia le distanze tra governi e cittadini” da poco uscito nella collana Cultura e Società di Egea (a questo link su Radio Radicale si può ascoltare il dibattito in via integrale mentre a quest’altro su Formiche.net si può scorrere la fotogallery a firma di Umberto Pizzi).
In generale, con qualche semplificazione, possiamo dire che il sentiment scientifico sugli impatti della rivoluzione digitale sulla democrazia da positivo o neutro (con qualche eccezione) si è ribaltato piuttosto velocemente in negativo, fino ad assumere toni quasi apocalittici. La svolta è stata rappresentata dal micidiale uno-due costituito nel 2016 dalla Brexit e dall’elezione di Donald Trump, con il ruolo determinante, vero o presunto, giocato dai social media.
In questo contesto, la cosiddetta “gamification” – in sostanza, l’applicazione dei contesti e delle regole del gioco a situazioni non ludiche, in questo caso alle istituzioni e alla politica – potrebbe reindirizzare le cose verso un obiettivo positivo: incoraggiare la partecipazione dei cittadini, in drammatico calo a tutte le latitudini da quaranta anni a questa parte. Un crollo che si è concretizzato ben prima dunque della rivoluzione digitale, quando i computer erano ancora oggetti giganteschi da laboratorio e Internet era ancora una modalità di comunicazione usata da pochi eletti. Laddove invece uno dei principali fattori abilitanti della gamification, specie in un ambito allargato come quello politico-istituzionale, è rappresentato proprio dalle tecnologie digitali: si pensi alle app e alla possibilità di monitorare geospazialmente le persone, a meccanismi immediati e su larga scala di voto ma soprattutto ai costi estremamente limitati per realizzare forme di interazione che fino a pochi anni fa erano attuabili solo a patto di enormi investimenti di risorse umane e finanziarie.
In tutto il mondo è tutto un fiorire di iniziative istituzionali che applicano i principi della gamification e il libro di Sgueo, oltre a illustrarne un notevole numero, ne propone un’interessante classificazione. Un esercizio che potrà tornare senz’altro utile a chi analizzerà il fenomeno in futuro, quando potremo disporre di dati sufficienti a valutarlo scientificamente, senza dimenticare che uno strumento può essere utilizzato in molti modi diversi e in sé non è né buono né cattivo.
Le due domande che già oggi occorrerebbe porsi sono soprattutto due:
1. la gamification può incoraggiare realmente l’impegno civico dei cittadini e a quali condizioni?
2. se la risposta alla prima domanda fosse affermativa, siamo certi che l’effetto sulla qualità della governance o, per dirla in termini economici, sul benessere sociale o sulla crescita, sia tendenzialmente positivo?
In mancanza di risposte definitive o, probabilmente, anche solo interlocutorie a queste domande, si possono cercare di individuare i percorsi che a bocce ferme appaiono più promettenti.
Il primo è fornito dal libro di Sgueo, quando parla di intelligenza collettiva, di cui sono espressioni la cosiddetta “governance collaborativa” e il cosiddetto “wiki government”. Nella misura in cui il gioco è cooperativo più che competitivo (oltre a non essere manipolato), l’effetto sulla qualità democratica appare più positivo o comunque appaiono minori i rischi di un aumento della polarizzazione, certamente il tallone d’Achille della rivoluzione digitale proiettata nell’arena politico-istituzionale.
Un secondo punto, forse ancora più interessante da esplorare, sta nell’acquisizione di dati privati per scopi pubblici, come forma di riduzione delle asimmetrie informative e di uso ottimale delle informazioni. Nella misura in cui la gamification sia in grado di aiutare a estrarre informazioni disperse tra i tanti agenti economici a beneficio delle policy pubbliche, si potrebbero superare i limiti di conoscenza dei decisori, alla base delle critiche di Hayek & co. alla pianificazione socialista e, più tardi, alle varie forme di intervento pubblico. Anche se poi rimarrebbe da dimostrare che chi prende le decisioni sia davvero disposto a farlo per massimizzare il benessere sociale. Un orizzonte oggi fantascientifico ma che, come dimostra la rivoluzione digitale, potrebbe diventare realtà più velocemente di quanto si pensi.
Per questo indagare gli effetti della gamification non sembra qualcosa di peregrino ma ben presto potrebbe rendersi quanto mai necessario.