Come viene utilizzata la spesa pubblica dagli Stati dell’Unione europea? Parte importante viene destinata alla protezione sociale. Lo si comprende facilmente dando un’occhiata a un recente bollettino Eurostat. La spesa degli Stati europei impiegata in tal senso ammonta a quasi 2,9 migliaia di miliardi di euro nel 2017, che equivalgono al 41,1% della spesa aggregata, oltre che al 18,8% del prodotto interno lordo dell’Ue. Con queste cifre, la protezione sociale è di gran lunga il primo capitolo di spesa nell’Unione. Seguono la sanità con 1,1 migliaia di miliardi di euro circa e i servizi pubblici generali con 897 miliardi. A ruota, troviamo l’istruzione (715 miliardi) e gli affari economici (623). Più consistente, invece, è la distanza dagli impieghi per la sicurezza e l’ordine pubblico (259 miliardi), la difesa (205), le spese ricreative, culturali e religiose (162), la tutela dell’ambiente (116) e l’edilizia e i servizi di comunità (91).
La protezione sociale è prima non solo nell’Ue presa nel suo complesso, ma anche in tutti gli Stati membri e nei Paesi dell’EFTA ed è costituita quasi totalmente da benefici sociali e trasferimenti in kind – in pratica quelli in natura, non monetari – che ammontano all’89%. Emerge in modo chiaro, quindi, la centralità della leva pubblica per redistribuire reddito e ricchezza attraverso il gettito fiscale. Comparando la spesa per la protezione sociale con il Pil degli Stati, otteniamo una percentuale che varia dal 9,5% dell’Irlanda a ben il 24,9% della Finlandia, dove la protezione sociale rappresenta quasi un quarto del prodotto interno lordo. Sono 6, comunque, i Paesi Ue dove gli impieghi a fini sociali costituiscono almeno il 20% del Pil, e cioè, oltre alla citata Finlandia, la Francia, la Danimarca, l’Italia, l’Austria e la Svezia. Nello specifico, il nostro Paese si attesta al 20,9%. Ugualmente sono 6 gli Stati che per cui la spesa in protezione sociale equivale a meno del 13% del Pil: Lituania, Malta, Romania, Repubblica Ceca e Bulgaria, oltre all’Irlanda.
Possiamo scomporre il capitolo di spesa sulla protezione sociale in voci più dettagliate. Quella “persone anziane”, che include le pensioni, ammonta al 10,1% del Pil nel 2017. Si tratta della porzione più ampia della spesa in protezione sociale in tutti gli Stati membri. È chiaro, pertanto, il rilievo che la spesa pensionistica riveste nei Paesi Ue. In proporzione al Pil, i finanziamenti per la parte anziana della popolazione raggiungono la quota più alta in Grecia e Finlandia (il 13,8% per entrambe), seguite dalla Francia e dall’Italia (entrambe al 13,4%) e dall’Austria (12,5%). Agli ultimi posti della classifica, invece, si collocano Cipro (6%), la Lituania (5,7%) e, fanalino di coda, l’Irlanda (3,4%). A seguire, a lunga distanza, nel capitolo di spesa sulla protezione sociale, si evidenzia la voce relativa a malattie e disabilità, che è pari al 2,7% del prodotto interno lordo europeo. In questo ambito, si distinguono la Danimarca, con il 4,4%, i Paesi Bassi (4,1%) e il Belgio (3,3%). L’1,7% del Pil Ue, inoltre, viene destinato alle famiglie e ai bambini. Anche in questo caso, spicca la Danimarca (4,4% del Pil), seguita dal Lussemburgo (3,7%) e dalla Finlandia (3,1%). Su quote più basse si fermano le spese per i sopravvissuti (1,3%), per i disoccupati (1,2%), per l’esclusione sociale (0,9%) e l’edilizia sociale (0,5%).
Se guardiamo alle destinazioni di spesa in serie storica, si nota come la protezione sociale abbia accresciuto la propria quota sul totale della spesa tra il 2007 e il 2017, dal 38,2% al 41,1%. La protezione sociale e la sanità sono gli unici due impieghi ad aver aumentato il proprio peso sulla spesa pubblica nell’ultimo decennio. Questa crescita, quindi, è stata parzialmente compensata dal declino di tutti gli altri settori di finanziamento.
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