High Performance Computing. La sfida della ricerca, dell’industria e delle sue applicazioni


Articolo
Maria Rosaria Della Porta
High Performance Computing Center Stuttgart (HLRS) of the University of Stuttgart

In una società caratterizzata dalla produzione di una mole enorme e senza precedenti di dati, lo sviluppo di soluzioni HPC (High Performance Computing) – in grado di supportare estensivamente un’analisi di grandi quantità di dati ad alte prestazioni e di fornire elaborazioni più precise e veloci (ossia l’High Performance Data Analytics) – rappresenta un’imminente necessità per comprendere e rispondere efficacemente alle attuali sfide scientifiche e sociali e per conseguire benefici concreti in molti settori. Dalla sanità alle energie rinnovabili fino alla sicurezza dei veicoli e a quella informatica.

In campo sanitario, il calcolo ad alte prestazioni viene utilizzato in relazione alla medicina di precisione o personalizzata, favorisce la diagnosi precoce e garantisce cure migliori attraverso lo sviluppo di nuove terapie. Il supercalcolo viene, inoltre, impiegato per studiare e capire più a fondo il comportamento dei terremoti, prevedere gli uragani o comprendere le conseguenze del cambiamento climatico. L’industria si avvale dell’HPC per ridurre notevolmente i cicli di progettazione e produzione, ridurre al minimo i costi, incrementare l’efficienza delle risorse e ottimizzare i processi decisionali. Anche le città intelligenti traggono enormi benefici dall’impiego delle tecnologie HPC, capaci di analizzare in tempo reale enormi quantità di dati e per questo in grado di esercitare un controllo più efficiente sulle grandi infrastrutture di trasporto. Ma non finisce qui: l’HPC è essenziale pure per la sicurezza e la difesa nazionali, ad esempio è utilizzato sempre di più nella lotta contro il terrorismo e la criminalità. Infine, in materia di cybersicurezza, l’HPC, in combinazione con l’intelligenza artificiale e le tecniche di machine learning permette di individuare precocemente gli attacchi informatici o l’eventuale utilizzo improprio di sistemi e di adottare azioni automatizzate e immediate al fine di agire prima che si verifichino eventi ostili.
Ebbene, i pochi cenni ad alcuni dei principali ambiti applicativi del calcolo ad alte prestazioni mostrano come esso rientri a pieno titolo tra quelle infrastrutture ICT fortemente innovative e in grado di apportare notevoli miglioramenti alla società.

Delle potenzialità dell’High Performance Computing, se è discusso anche durante la tavola rotonda organizzata dall’Istituto per la Competitività (I-Com) in collaborazione con Hewlett Packard Enterprise, dal titolo “High Performance Computing. La sfida della ricerca, dell’industria e delle sue applicazioni”, che si è svolta a Roma martedì 9 aprile (qui le foto e i materiali dell’iniziativa, con il video-messaggio del sottosegretario allo Sviluppo economico Andrea Cioffi). Il dibatto ha cercato, inoltre, di approfondire il ruolo dell’Europa e dell’Italia nel panorama mondiale del calcolo ad alte prestazioni cercando di fare il punto della situazione su quanto si sta facendo e si è fatto e su quali debbano essere le azioni future per poter competere con Stati Uniti, Cina e Giappone, che ricoprono un ruolo più che ambizioso nella generazione di sistemi HPC.

L’Europa sta cercando di colmare il divario con questi Paesi e sta intensificando gli sforzi volti a sviluppare un’infrastruttura HPC indispensabile soprattutto per il mondo delle aziende (sia grandi che PMI) per stare al passo con esigenze sempre crescenti e con la complessità dei problemi da risolvere. L’impegno dell’Unione si concretizza nel programma EuroHPC, operativo per il momento dal 2019 al 2026, che prevede il co-investimento iniziale con gli Stati membri di circa 1 miliardo di euro, di cui 486 milioni di euro provenienti dalle azioni già programmate dalla Commissione nei programmi Horizon 2020 e Connecting Europe Facility (CEF) nell’attuale quadro finanziario pluriennale (QFP). Un ulteriore importo di 422 milioni di euro sarà conferito da attori privati o industriali sotto forma di contributi in natura alle attività dell’impresa comune.

L’Italia, come emerso durante l’evento organizzato da I-Com, sta investendo tantissimo (circa 150 milioni di euro tra il Miur e il Mise) nel programma EuroHPC, sia per quanto riguarda la parte inerente all’infrastruttura sia per quella inerente alla ricerca. Sostanzialmente l’idea è che l’Italia possa essere protagonista dall’inizio alla fine, non soltanto nell’utilizzo di queste tecnologie ma anche nella ricerca e nell’innovazione. Si solleva però la necessità di partnership pubblico-private, di un corpus di regole in grado di disciplinare l’intera materia, di competenze adeguate non solo per chi deve produrre tali tecnologie ma anche per chi le deve utilizzare e di un sistema di incentivi in grado di supportare lo sviluppo di tali tecnologie. Infine, un argomento sensibile per l’ecosistema HPC italiano è la definizione di politiche in grado di facilitare l’eterogeneità delle infrastrutture ossia la possibilità di accesso ad architetture diverse sia per l’industria che per la ricerca nazionale.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Finanza Aziendale Internazionale. Successivamente ha conseguito un master di II livello in “Concorrenza, economia della regolamentazione e della valutazione”, presso la medesima università.

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