Le start-up in Italia salgono a quota 10.000. Ma ancora troppo poche hanno successo


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Giusy Massaro
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Le start-up italiane superano per la prima volta la soglia di 10.000, come emerge dall’ultimo report curato dal ministero dello Sviluppo economico in collaborazione con Unioncamere e InfoCamere. I dati sono aggiornati allo scorso marzo e contano ben 10.075 start-up innovative, che rappresentano ormai il 3% del totale delle società di recente costituzione e coinvolgono oltre 55.000 persone tra soci e addetti. Un numero triplicato rispetto a soli 4 anni fa.

Si tratta di imprese giovani, e non solo perché costituite da meno di cinque anni, ma soprattutto perché il 42,9% di esse ha almeno un socio under 35 (la stessa considerazione vale per il totale delle neo-imprese “non innovative” solo nel 33,7% dei casi), e quasi una su cinque è a prevalenza giovanile. 18,8% per la precisione, corrispondente a quasi 1.900 start-up.

Da un punto di vista geografico, a primeggiare è sempre la Lombardia. In questa regione risiede ben un quarto di tutte le start-up attualmente esistenti (2.543), gran parte delle quali nella sola Milano. Seguono il Lazio con 1.124 imprese innovative, l’Emilia Romagna con 891 e il Veneto che ne conta oltre 870. Mentre la prima regione del Mezzogiorno – e quinta in classifica con 788 start-up, quasi l’8% del totale – è la Campania.

Certo, si tratta di realtà tendenzialmente molto piccole. Si pensi che più di una start-up su due non risulta avere neppure un dipendente mentre la media è comunque di soli 3,1 addetti. Per contro, la compagine sociale appare più ampia: conta in media 4,5 soci, evidentemente coinvolti direttamente nell’attività d’impresa. Anche dal punto di vista economico, i risultati sono modesti: il fatturato medio supera appena i 150.000 euro – va precisato, tuttavia, che il 43% delle start-up è di così recente costituzione che non ha nemmeno ancora presentato un bilancio.

I casi di successo, però, non mancano: esiste una nicchia di 178 società che, con un’età media di soli 3 anni e 11 mesi, al 31 marzo registravano un fatturato superiore a un milione di euro, per un valore complessivo di 341 milioni. Quasi il 40% del fatturato dell’intera popolazione di start-up.

Si tratta, purtroppo, di casi isolati. La vera sfida è avere un business scalabile che sopravviva ai primi tre anni di attività, ma in Italia quasi nessuno investe in start-up. Non a caso il Governo si è detto intenzionato a implementare riforme strutturali a carattere “orizzontale” per garantire un contesto economico favorevole all’imprenditorialità. Al tempo stesso l’obiettivo è stimolare la domanda interna dei beni e servizi innovativi prodotti dalle imprese, così da incentivare i privati a investire in start-up.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata all’Università Commerciale L. Bocconi in Economia, con una tesi sperimentale sull’innovazione e le determinanti della sopravvivenza delle imprese nel settore delle telecomunicazioni.

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