Le filiere dell’automotive rallentano a causa della frenata tedesca, dell’accelerazione tecnologica verso l’e-mobility e del calo del numero di auto prodotte nelle fabbriche italiane. Un insieme di criticità per un settore chiave della manifattura italiana che conta oltre duemila imprese, 158.700 addetti e un giro d’affari di 49,3 miliardi di euro. Anche per questo la dinamica del settore automotive, con la frenata tendenziale del 3,3% nel 2018 e dell’8,9% nel primo semestre del 2019, ha contribuito significativamente al rallentamento della produzione industriale complessiva. Su questo trend negativo hanno insistito il calo del mercato diesel, la debolezza della domanda europea di auto nel suo complesso e, più in generale, il rallentamento dell’economia italiana.
In uno scenario di crescente complessità e forti trasformazioni globali in cui il settore automotive si interroga sul proprio futuro, a fare chiarezza ci ha provato il rapporto redatto dalla Camera di Commercio di Torino, dall’Associazione nazionale filiera industria automobilistica (Anfia) e dal Centro CAMI dell’Università Ca’ Foscari di Venezia nell’ambito dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana, uno spazio di conoscenza e approfondimento delle dinamiche di un comparto chiave dell’economia italiana. Lo studio sottolinea come negli ultimi decenni si sia assistito a progressive evoluzioni delle caratteristiche tecniche dei veicoli nella continuità di un certo modello di business mentre oggi l’evoluzione della domanda è caratterizzata da diversi fattori: da un limitato interesse delle nuove generazioni verso il possesso del bene auto alla diffusione di soluzioni di mobilità che prevedono l’utilizzo di altri mezzi. Dalla rivoluzione tecnologica alla pressione di tipo regolatorio nella direzione di una riduzione sostanziale dell’impatto ambientale della mobilità. La fase di transizione che il settore automotive sta vivendo non può quindi essere separata dai cambiamenti radicali nel contesto in cui il flusso di traffico si svolge per muovere persone e cose. In questo senso, il panorama urbano è già attualmente oggetto di molteplici iniziative per le quali risulta prioritario garantire una regia unitaria. La connessione dei veicoli alle infrastrutture richiede un certo tipo di progresso e soprattutto lo sviluppo di standard e protocolli omogenei. L’intervento regolatorio assume a questo punto una rilevanza strategica e la concertazione di una disciplina a livello internazionale deve assicurare convergenza di sforzi a tutela della qualità della vita e della mobilità dei cittadini. E anche condizioni di efficacia e di efficienza nello svolgimento dei flussi logistici delle merci.
Secondo il rapporto, agganciare le nuove direttrici dell’innovazione tecnologica risulta fondamentale per il settore. Come pure imprescindibile è l’accelerazione degli investimenti in questo senso. I dati dell’Osservatorio registrano invece come il rallentamento economico dell’ultimo anno abbia avuto un impatto negativo anche sul rafforzamento dei processi di innovazione del comparto e come la filiera abbia visto calare il numero di imprese che investono in ricerca e sviluppo, la loro spesa in innovazione e la quota di addetti impiegati in queste attività. A confronto con il 2017, quando le imprese che investivano di più erano quasi il 73%, nel corso dell’ultimo anno solo il 69% degli operatori della filiera ha sostenuto spese in innovazione. Parallelamente si è ridotta anche la quota di quanti hanno investito nell’anno più del 10% del valore della produzione in ricerca e sviluppo.