Efficienza energetica e incentivi green. La strada dell’Italia verso la sostenibilità


Articolo
Gabriele Ferrara
efficienza

L’Europa si muove verso lo sviluppo sostenibile e l’efficienza energetica. E pure l’Italia. Come hanno sottolineato diversi analisti, la strada sarà complicata e con tante tappe intermedie. Tra queste si possono già segnalare due decreti legislativi, esaminati in via preliminare nell’ambito dell’attuazione della legge di Delegazione europea 2018, discussa mercoledì 29 gennaio nel corso del Consiglio dei ministri numero 26 del governo Conte II.

Il primo degli atti da segnalare riguarda l’attuazione della direttiva europea numero 844 del 2018, che modifica la direttiva Ue numero 31 del 2010 sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva numero 27 del 2012 sull’efficienza energetica. Tra gli obiettivi principali c’è l’accelerazione della ristrutturazione economicamente efficiente degli edifici esistenti, l’integrazione delle strategie di ristrutturazione del settore edilizio a lungo termine per favorire la mobilitazione di risorse economiche e la realizzazione di edifici a emissioni zero entro il 2050 e la promozione dell’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, così da garantire agli edifici di operare e consumare con il maggior grado di efficienza possibile. A questo proposito, è interessante segnalare che l’Italia è uno dei Paesi a maggior efficienza energetica, con un’intensità primaria inferiore di circa il 18% rispetto alla media europea. Inoltre, ci sono incentivi fiscali non trascurabili: chi realizza interventi di riqualificazione energetica degli edifici, infatti, può beneficiare di detrazioni fino al 75% (qui un nostro articolo sul tema).

Secondo quanto si legge sul sito ufficiale del ministero dello Sviluppo economico, gli obiettivi nazionali di efficienza energetica per il 2020 prevedono una riduzione di 20 milioni di Tonnellate equivalenti di petrolio (Tep). Il tema è sviluppato anche nel Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), che prevede una riduzione dei consumi finali di energia di oltre il 40% rispetto allo scenario tendenziale. In tal senso, gli ultimi dati registrati dall’Italia non sono particolarmente positivi. Basti pensare che, secondo il rapporto annuale del Mise sull’efficienza energetica, nel 2017 il consumo interno lordo di energia è cresciuto del 3,4% rispetto al 2016, con un consumo pari a 159,5 Mega tonnellata equivalente di petrolio (Mtep). La situazione non cambia molto analizzando i dati sui consumi finali – che escludono gli usi non energetici – dal momento che nel 2017 si è arrivati a 113,4 Mtep (l’1,8% in più rispetto al 2016).

Tra gli obiettivi della direttiva c’è anche quello di dare un impulso alla mobilità elettrica con l’integrazione delle infrastrutture di ricarica negli edifici. In tal senso, è interessante ricordare quanto detto dal direttore generale di Elettricità futura Andrea Zaghi in audizione alla commissione Finanze della Camera, che ha avuto luogo lo scorso 29 gennaio presso la Camera dei deputati. A suo giudizio, “il rapporto ottimale tra auto elettriche e colonnine è 1 a 2 o 1 a 3. In Italia al momento abbiamo un rapporto inferiore, non come i Paesi Bassi dove siamo a un rapporto 1:1 ma comunque non a livello di sviluppo di paesi come Regno Unito, Francia e Germania”. Tra i suggerimenti forniti per migliorare la situazione ci sono una semplificazione a livello nazionale per installare le colonnine di ricarica e l’armonizzazione delle normative locali per agevolazioni a parcheggi e accessi alle zone a traffico limitato. Ma anche quello di ridurre le componenti regolate delle tariffe per i punti di ricarica pubblici, rendendole uguale (o quasi) al costo dell’energia e favorirne un rapido sviluppo. Ancora, uno degli strumenti da utilizzare potrebbe essere la non trascurabile quantità di risorse cofinanziate a livello regionale. In ogni caso, l’obiettivo finale è avere il 55% delle automobili a propulsione elettrica entro il 2040, con i prezzi di acquisto che dovrebbero diventare totalmente competitivi intorno al 2025. Più vaghe le stime sulle colonnine di ricarica, che potrebbero arrivare fino a 70.000 entro il 2030, ma che attualmente, secondo i dati di Legambiente, sono 5.507 per le automobili e 2.684 per i veicoli a due ruote.

Nel secondo caso, invece, si tratta dell’attuazione della direttiva europea numero 410 del 2018, che modifica la direttiva numero 87 del 2003 per sostenere una riduzione delle emissioni più efficace sotto il profilo dei costi, promuovendo investimenti a favore di basse emissioni di carbonio. L’obiettivo è fissare un tetto alla quantità totale di alcuni gas serra che possono essere emessi dagli impianti che rientrano nel sistema europeo di scambio di quote di emissione (EU-ETS). Si tratta di un sistema lanciato nel 2005 e che coinvolge oltre 11.000 operatori a livello europeo, in primis nell’ambito dell’aviazione, ma anche gli impianti termoelettrici industriali e quelli di produzione, stoccaggio e trasporto di vario genere. Tra questi, circa 1.200 sono italiani, di cui il 71% opera nel settore manifatturiero. L’EU-ETS è il principale strumento per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori. Secondo la European environmental agency, nel 2018 la diminuzione rispetto al 1990 è stata pari al 23%, con l’obiettivo per il 2030 fissato al 40%. Questo sistema è stato dunque uno dei principali strumenti che hanno contribuito alla riduzione di emissioni di gas serra all’interno dell’Unione europea, che però ha il dovere di imporre standard ancora più elevati per intraprendere sempre di più un percorso di sviluppo sostenibile.

Ufficio stampa e Comunicazione dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nata a Roma nel 1992, Giulia Palocci si è laureata con il voto di 110 e lode in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’università Luiss Guido Carli con una tesi sul contrasto al finanziamento del terrorismo nei Paesi del Sud-est asiatico.

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