Il coronavirus tiene ancora con il fiato sospeso l’Italia e il mondo intero. Oltre alle normali preoccupazioni che derivano dall’emergenza sanitaria, a pesare di più è sicuramente il fatto che l’epidemia abbia colpito la parte più produttiva del nostro Paese: oltre il 40% del prodotto interno lordo italiano proviene da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Inoltre, le limitazioni a cui sono sottoposti i locali pubblici, e più in generale, i luoghi di aggregazione, fanno aumentare di molto le perdite economiche di moltissimi settori. Per non parlare, poi, delle conseguenze che il turismo è chiamato ad affrontare. Lo stesso Giuseppe Conte ha reso noto che presto arriveranno “misure e interventi di contrasto ai disagi sociali ed economici conseguenti al rallentamento e, in alcuni casi, alla sospensione delle attività produttive“. Per questa ragione verranno stanziate risorse al fine di sostenere i redditi, l’occupazione, gli ammortizzatori sociali, le aziende e i settori produttivi interessati dall’emergenza sanitaria, per esempio concedendo garanzie sui debiti di tali imprese.
Una scelta, questa, che rende inevitabile il peggioramento dell’obiettivo di indebitamento netto previsto per il 2020 che sarà di circa 6,3 miliardi di euro, ovvero lo 0,3% del prodotto interno lordo. In particolare, il saldo netto da finanziare subirà un incremento di 7,5 miliardi sia in termini di competenza che di cassa. Il ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri ha precisato che nel 2021 l’Italia riprenderà il percorso di convergenza verso l’obiettivo di medio termine, con una riduzione del deficit nominale che il prossimo anno sarà pari a -1,8% del prodotto interno lordo, per poi arrivare al -1,4% nel 2022. Da questo punto di vista, appare utile segnalare che l’indebitamento netto registrato dalle amministrazioni pubbliche attualmente si attesta all’1,6%, dopo che le ultime stime ufficiali prevedevano che sarebbe stato pari al 2,2% (qui un nostro articolo sulle conseguenze economiche del Coronavirus in Italia).
Ma naturalmente le misure previste dal governo non sono solo economiche. Si pensa ancora a come gestire in modo efficace il contenimento del Covid-19. A questo proposito, lo scorso 4 marzo Conte ha emanato il decreto recante “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale“. Tra le altre cose, è prevista la chiusura delle scuole fino al 15 marzo, almeno per il momento. L’accesso alle scuole sarà consentito ai docenti (su chiamata), ai dirigenti e al personale amministrativo, tecnico e ausiliario di istituti e scuole. È sospesa anche la frequenza di tutte le attività di formazione superiore, inclusi i corsi post universitari connessi all’esercizio di professioni sanitarie. Oltre allo stop previsto per gli eventi musicali, teatrali e cinematografici – in cui non è possibile rispettare una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro – sono interrotti anche tutti i congressi, le riunioni e gli eventi di qualsiasi natura “che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro” (art. 1, comma 1, lett. b). Lo svolgimento di manifestazioni sportive sarà possibile solamente a porte chiuse mentre le attività motorie dei cittadini si potranno svolgere solamente se sarà garantita la distanza di sicurezza. Inoltre, a conferma del perdurare dell’emergenza, il governo ha consigliato di evitare strette di mano e abbracci e di lavarsi spesso le mani.
D’altro canto, il ministro della Famiglia Elena Bonetti ha fatto sapere che le misure a sostegno dei nuclei che hanno i figli sotto i 14 anni a casa per la chiusura delle scuole saranno disciplinate in un provvedimento di legge che verrà emanato nei prossimi giorni mentre il viceministro dell’Economia Laura Castelli ha annunciato che è in fase di definizione “una norma che prevede la possibilità per uno dei genitori, in caso di chiusura delle scuole, di assentarsi dal lavoro per accudire i figli minorenni“.
Per quanto riguarda proprio le amministrazioni pubbliche, il ministro della Funzione pubblica Fabiana Dadone ha previsto una riorganizzazione complessiva per favorire il lavoro a distanza. Grazie alla nuova circolare ministeriale, sono previste sanzioni per i dirigenti degli uffici che non si adegueranno, con eventuali conseguenze anche dal punto di vista retributivo. Il provvedimento detta pure istruzioni circa l’opportunità di adottare soluzioni cloud per agevolare l’accesso condiviso dei dipendenti a dati e documenti. L’utilizzo di modalità flessibili di svolgimento del lavoro dipenderà molto dalla disponibilità dei dipendenti a usare i propri computer per le attività professionali. In ogni caso, lo smart working non potrà essere obbligatorio, specialmente per le amministrazioni che non sono ancora sufficientemente organizzate per poter lavorare in questa maniera. L’auspicio è che questa situazione di emergenza possa essere utilizzata come vettore per l’innovazione anche dal punto di vista della gestione pubblica delle risorse umane, oltre a portare il grado di resilienza del Sistema Paese a un livello sempre più elevato.