Le fonti rinnovabili e il percorso di decarbonizzazione al 2050


Articolo
Michele Masulli
decarbonizzazione
Credit: Pixabay

La finestra di opportunità per conseguire l’obiettivo di contenimento dell’incremento della temperatura globale a 1,5°C, come previsto dall’Accordo di Parigi, si sta chiudendo rapidamente. Il report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) del 2018, che fissava l’obiettivo dell’1,5°C, richiedeva altresì una riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 del 45% rispetto ai livelli del 2010. Le emissioni globali, al contrario, sono continuate ad aumentare (in media dell’1,3% annuo tra il 2014 e il 2019), con l’unica eccezione del 2020, quando la pandemia Covid-19 ha comportato una riduzione consistente delle emissioni (-7%). Una condizione di straordinarietà che dovrebbe diventare un sentiero effettivo di riduzione degli inquinanti per poter raggiungere i traguardi di difesa del clima. Tuttavia, il rimbalzo delle emissioni su livelli noti è già in atto.

Per questo è necessario accelerare il percorso di decarbonizzazione che indubbiamente è in corso. Secondo i dati IRENA, il 2020, nonostante la crisi economica globale, ha rappresentato un anno record per le rinnovabili. Sono stati aggiunti più di 260 GW di nuova capacità rinnovabile, quasi il 50% in più rispetto al 2019. In particolare, l’energia eolica e fotovoltaica hanno conosciuto una crescita di potenza installata rispettivamente di 111 e 127 GW. Il costo del fotovoltaico ha raggiunto minimi ulteriori (meno di 2 centesimi di dollaro per chilowattora). Il settore della mobilità si va mano a mano elettrificando: le vendite di auto elettriche sono aumentate del 43% su base annuale, raggiungendo le 3,2 milioni di unità e rappresentando il 4,2% delle vendite di nuove auto. Fondamentali tecnologie abitanti come le batterie stanno sperimentando una riduzione consistente e rapida dei costi (da 181 dollari a chilowattora nel 2018 a meno di 100 per le applicazioni più economiche).

Tuttavia, la rapidità della diffusione delle fonti rinnovabili non risulta adeguata. Sempre secondo le stime IRENA, lo scenario elaborato sulla base delle decisioni assunte e degli impegni presi dai Governi dovrebbe portare al 2050 una riduzione marginale delle emissioni. Se le misure programmate non saranno pienamente implementate, al contrario si registrerebbe una crescita delle emissioni del 27% circa. Quali leve sarebbe necessario azionare per porsi su sentiero prossimo a quello definito dall’intesa della COP di Parigi? Non c’è nessun “silver bullet” si potrebbe dire. Non c’è un’arma magica da attivare per portare avanti uno sforzo imponente di trasformazione dei sistemi energetici ed economici come quello richiesto, ma è necessario ricorrere a più leve.

Sulla diffusione delle nuove rinnovabili (in termini sia di produzione di elettricità pulita sia di calore) e la riduzione dei consumi di energia (sia per misure di efficienza energetica sia per politiche di riduzione della domanda) pesa in parti uguali metà del contributo complessivo di decarbonizzazione. L’elettrificazione degli usi finali, dai trasporti al riscaldamento, rappresenta altresì una quota importante. L’idrogeno e i combustibili e le materie prime sintetiche darebbero un apporto del 10% ai target emissivi. Per una quota doppia, invece, contribuirebbero le tecnologie di cattura, sequestro e rimozione della CO2, si tratti appunto di CCS (carbon capture and storage) o di CCU (carbon capture and utilisation) da applicare alla decarbonizzazione dell’industria o soprattutto di bioenergia accoppiata con dispositivi di CCS (BECCS) o di altre misure di rimozione.

Il mix energetico dovrebbe conoscere modificazioni profonde. Ad esempio, al 2050 il contributo dell’energia elettrica sui consumi finali di energia dovrebbe essere di poco superiore alla metà del totale (oggi siamo al 21%) e per il 90% dovrebbe essere prodotto da fonti rinnovabili (attualmente siamo al 25%) mentre il resto sarebbe prodotto da gas naturale e da nucleare. La quota del petrolio, al contrario, dovrebbe ridursi dal 37 al 4%, al pari del gas naturale (oggi al 16%).

Si tratta di cambiamenti strutturali al confronto dei quali gli avanzamenti importanti registrati negli ultimi anni possono sembrare aggiustamenti marginali. Saranno necessari riforme di sistema e un volume considerevole di investimenti (4,4 trillion di dollari all’anno fino al 2050 secondo l’IRENA). È un monito anche per l’Italia che negli ultimi anni ha conosciuto ritmi di installazione di nuova capacità rinnovabile evidentemente inadeguati.

Ricopre attualmente il ruolo di Direttore dell’area Energia presso l’Istituto per la Competitività (I-Com), dove è stato Research Fellow a partire dal 2017. Laureato in Economia e politica economica presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, successivamente ha conseguito un master in “Export management e sviluppo di progetti internazionali” presso la Business School del Sole24Ore. Attualmente è dottorando di Economia applicata presso il Dipartimento di Economia dell'Università degli Studi di Roma Tre. Si occupa principalmente di scenari energetici e politiche di sviluppo sostenibile, oltre che di politiche industriali e internazionalizzazione di impresa.

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