In Europa la campagna vaccinale procede anche tra eventi avversi. Nell’ultima settimana sono molti i Paesi dell’Unione europea che hanno intensificato le somministrazioni e che nei giorni scorsi hanno fatto registrare un numero di vaccinazioni record: dalle 716.000 della Germania alle 450.000 della Spagna. Una prova di forza che potrebbe rivelarsi inutile se nelle prossime settimane le dosi continueranno ad arrivare con il contagocce.
Intanto però la fotografia attuale dice che dopo un inizio della campagna da prima della classe, oggi l’Italia è dietro a Berlino, Madrid e Parigi per percentuale di abitanti che hanno ricevuto almeno una dose. Germania e Spagna hanno aumentato il divario negli ultimi giorni: all’8 aprile la media settimanale spagnola era di 0,55 inoculazioni al giorno per 100 abitanti, quella tedesca di 0,45, quella italiana ferma 0,39 come quella francese. Ma nei giorni successivi Germania e Spagna hanno accelerato drasticamente nella somministrazione delle dosi lasciandosi ancor di più alle spalle il nostro Paese. Come possiamo vedere nel grafico, al 13 aprile la media settimanale francese è di 0,54 dosi somministrate al giorno per 100 abitanti, quella della Germania è di 0,61, la Spagna si attesta a 0,63 e l’Italia rimane a 0,47. La fonte dei dati ufficiali nel grafico è Our World in Data.
Da qui la richiesta di un’accelerazione in Italia almeno con la categoria dei più anziani: secondo il report settimanale della presidenza del Consiglio dei ministri, il 68,2% degli over 80 ha ricevuto almeno una dose di vaccino mentre il 38,7 le ha ricevute entrambe. Nella categoria 70-79 anni, invece, la percentuale di chi ha ricevuto una dose cala drasticamente, al 19,8% (appena il 2,48% le ha ricevute entrambe). Per quanto riguarda il personale sanitario, i vaccinati con una dose sono il 91,6% e il 75,2% con due. Tra il personale scolastico, invece, il 72,1% ha ricevuto una dose e lo 0,95% anche il richiamo.
Le differenze internazionali si fanno sentire ma bisogna tener conto delle priorità per fascia di popolazione indicate da ogni Stato. Nel grafico che segue una rappresentazione di questa scelta: Germania, Francia e Spagna (ma anche il Regno Unito) hanno ritenuto prioritario vaccinare prima gli anziani. L’Italia, come molti altri Paesi, ha pianificato la propria campagna vaccinale dando la priorità assoluta al comparto sanità, inteso in senso ampio, e ha iniziato a vaccinare i più vecchi abbastanza tardi. Ha comunque recuperato buona parte dello svantaggio sugli over 80, ma rimane ora indietro nella fascia 70-79 anni rispetto a molti altri Paesi europei.
Il Regno Unito continua, invece, a conquistare primati. Al 13 aprile il 12% della popolazione inglese ha ricevuto entrambe le dosi del vaccino mentre ben il 47% ha già ricevuto la prima. Con tre giorni di anticipo sulla tabella di marcia, il governo guidato da Boris Johnson ha annunciato che la prima dose è già stata somministrata a tutti gli ultra cinquantenni e che sono già partite le prenotazioni per chi ha più di 45 anni. Si avvicina così l’obiettivo della prima dose a tutta la popolazione over 18 del Paese entro il 31 luglio.
Nel grafico seguente il confronto tra la porzione di popolazione che ha ricevuto almeno una dose di vaccino nel Regno Unito e in Italia. Nel nostro Paese, al 13 aprile, solo a poco più del 15% della popolazione è stata somministrata almeno una dose.
Perché il Regno Unito è riuscito ad attuare una campagna vaccinale modello? Sicuramente dobbiamo ricordare che è stato il primo Paese al mondo ad approvare in emergenza il vaccino anti Covid-19 agli inizi di dicembre. A giugno 2020 aveva già firmato un contratto per 100 milioni di dosi di Oxford Astra-Zeneca e siglato un accordo per assicurarsi 30 milioni di Pfizer BioNTech, aumentate a 40 milioni a ottobre.
Il governo britannico ha subito investito quasi 350 milioni di sterline nella produzione dei vaccini per accelerare la campagna e ha istituito una task force per l’acquisizione e la distribuzione dei sieri, che ha assicurato l’accesso a 457 milioni di dosi degli 8 candidati più promettenti tra cui Moderna (17 milioni di dosi), Novavax (60 milioni) e Valneva (100 milioni).
Trovati i vaccini, per non gravare su medici e infermieri degli ospedali già sotto intenso carico di lavoro, il governo Johnson ha introdotto un nuovo protocollo nazionale che consente la somministrazione delle dosi anche da parte di personale non medico. Ma non solo: il National Health Service (NHS) è partito con un massiccio programma di reclutamento e formazione di 80.000 volontari maggiorenni, di ogni genere e professione, al fine di coinvolgerli nella campagna.
La redazione dell’ordine per le immunizzazioni è stata affidata a un apposito comitato medico scientifico – il Joint Committee on Vaccination and Immunisation (JCVI) – che, sulla base delle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della sanità, ha strutturato un calendario chiaro e preciso, partendo da anziani, soggetti vulnerabili e personale socio-sanitario, scendendo poi per fasce d’età. Ma le liste sono scorse in fretta, grazie alla mossa azzardata (ma a quanto pare vincente) del governo britannico, che ha allargato l’intervallo tra i due richiami di 12 settimane per massimizzare i soggetti immunizzati con la prima dose e minimizzare i tempi.
L’ente regolatore dei farmaci britannico – il Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA) – ha adeguato la legge per permettere che la somministrazione dei vaccini anti Covid-19 potesse avvenire anche nelle farmacie. Così a partire dalla metà di gennaio di quest’anno sono state individuate oltre 200 tra catene e farmacie indipendenti che dopo aver partecipato al bando hanno soddisfatto i criteri di idoneità. In generale, le farmacie selezionate (che ricevono dal governo l’equivalente di 15 euro per una iniezione e 30 per due), devono essere in grado di assicurare il servizio rapido e capillare anche in aree rurali, che comunque vengono servite pure da unità mobili. Ogni cittadino inglese ha un centro di somministrazione a massimo 16 chilometri di distanza dalla propria residenza.
L’andamento dei casi nel Regno Unito conferma che le scelte fatte e l’organizzazione puntuale sono state vincenti. Come possiamo vedere nel grafico, al 14 aprile la media mobile a sette giorni dei nuovi casi confermati per milione di abitanti in Italia si attesta sui 257 casi mentre nel Regno Unito è di 24. Anche il trend inglese nel lungo termine risulta costantemente in decrescita mentre l’Italia ancora fatica a tenere la situazione sotto controllo con misure restrittive e lockdown regionali.
La campagna vaccinale italiana sta risentendo di moltissime circostanze, dalla cattiva gestione e organizzazione di alcune regioni ai ritardi nella consegna da parte di alcune delle aziende produttrici. I dati confermano che, relativamente alla nostra popolazione, siamo tra i Paesi europei che riescono a somministrare il numero minore di dosi al giorno. Anche l’andamento dei contagi e delle morti, sfortunatamente, lo confermano. L’auspicio è che la rotta possa invertirsi presto.