Un bilancio della pandemia da Covid-19 nel rapporto dell’Oms


Articolo
Maria Rosaria Della Porta
pandemia da Covid

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha recentemente pubblicato il rapporto annuale “World Health Statistics 2021” che raccoglie i dati sugli indicatori sanitari relativi alla salute dei suoi 194 Stati membri. L’edizione 2021, nello specifico, oltre a fotografare lo stato di salute della popolazione appena prima della recente crisi sanitaria, fa un bilancio della pandemia Covid-19, che ha avuto un impatto importante e in alcuni casi devastante su tutto il pianeta.

Al 1 maggio 2021 sono stati segnalati all’Oms oltre 153 milioni di casi confermati di Covid-19 e 3,2 milioni di decessi correlati. L’America e l’Europa sono state le aree più colpite, contando insieme oltre tre quarti dei casi segnalati a livello globale. Inoltre, quasi la metà (48%) di tutti i decessi causati dal virus si sono registrati nel continente americano e un terzo (34%) in quello europeo. Dei 23,1 milioni di casi segnalati fino a oggi nella regione del Sud-Est asiatico, oltre l’86% è attribuito all’India.

Nonostante l’ampia diffusione del virus, ancora adesso i casi di coronavirus sembrano concentrarsi prevalentemente nei Paesi ad alto reddito. I 20 Stati più colpiti raccolgono quasi la metà (45%) dei casi cumulativi nel mondo, ma rappresentano solo un ottavo (12,4%) della popolazione globale.

Inoltre, le stime preliminari dell’Oms suggeriscono che il totale globale di morti in eccesso attribuibili a Covid-19, sia direttamente che indirettamente, ammonta ad almeno 3 milioni nel 2020: le stime iniziali attestavano 1,8 milioni di decessi globali a cui però si ritiene ora debbano esserne aggiunte altre 1,2 milioni. Pertanto, secondo il vicedirettore generale dell’Oms Samira Asma, le persone morte direttamente o indirettamente a causa della pandemia sono almeno il doppio, il triplo di quelle ufficiali e quindi i dati sono attualmente sottostimati.

Dunque, il Covid-19 è diventata una delle principali cause di morte e ha posto, e continua a porre, sfide importanti per la salute della popolazione mondiale, minacciando pesantemente gran parte dei progressi compiti negli ultimi anni e il raggiungimento degli obiettivi di salute sostenibili fissati dalle Nazioni Unite.

La pandemia ha, inoltre, esacerbato le disuguaglianze ormai di lunga data tra i vari gruppi di reddito: nei contesti in cui prosperano condizioni di povertà ha, di fatto, ridotto l’accesso ai servizi sanitari e aumentato i comportamenti a rischio.

A tal proposito, l’analisi dei dati di 35 Paesi ad alto reddito mostra che i comportamenti preventivi diminuiscono con l’aumentare del sovraffollamento delle famiglie, un parametro che dà comunque una misura dello stato socioeconomico.

Complessivamente, il 79% delle persone che vivono in famiglie non affollate ha riferito di aver tentato di mantenere il distanziamento fisico rispetto al 65% delle persone appartenenti a famiglie estremamente sovraffollate. Anche le pratiche quotidiane come il lavaggio frequente delle mani sono state più comuni tra le persone che vivono in famiglie poco affollate (93%) rispetto a quelle che vivono in famiglie molto numerose (82%). Relativamente all’uso della mascherina in pubblico, l’87% delle persone che vivono con pochi familiari ha affermato di aver indossato una mascherina durante tutto o la maggior parte del tempo trascorso in pubblico rispetto al 74% delle persone che vivono in condizioni estremamente sovraffollate.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Finanza Aziendale Internazionale. Successivamente ha conseguito un master di II livello in “Concorrenza, economia della regolamentazione e della valutazione”, presso la medesima università.

Nessun Articolo da visualizzare

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.