A livello europeo i dati epidemiologici attuali e previsionali dei tumori stanno mobilitando la comunità scientifica e i decisori politici. La prevenzione, la diagnosi e la cura del cancro sono tra le principali priorità dell’Ue nell’ambito della salute, con particolare riguardo alla qualità della vita dei pazienti oncologici. Basti pensare che l’Europa, nonostante rappresenti solamente un decimo della popolazione mondiale, conta un quarto dei casi di tumori di tutto il mondo.
Il numero di persone sopravvissute a neoplasie aumenta di anno in anno, tanto che nel 2020 – si stima – abbia superato i 12 milioni solo nel Vecchio continente (di questi circa 300.000 hanno sconfitto un tumore nell’età infantile). Nel frattempo in Italia ogni giorno vengono diagnosticati più di 1.000 nuovi casi di cancro, circa 377.000 in un anno, con un numero di persone che attualmente vivono con una diagnosi di tumore che supera di gran lunga i 3 milioni. Si tratta del 6% della popolazione circa, con un aumento del 36% rispetto alle stime diffuse nel 2010.
Il numero crescente di sopravvissuti è dovuto a diversi fattori: da un lato, l’incidenza è in continua crescita, in parte anche a causa dell’invecchiamento demografico, dall’altro, la conoscenza scientifica progredisce e la ricerca ha contribuito portando nella pratica clinica molte terapie e strumenti innovativi. È proprio grazie agli avanzamenti diagnostici e terapeutici che i tassi di mortalità sono in diminuzione: dal 2010 al 2020 il tasso di successo nel trattamento dei tumori è aumentato del 45%.
Questi enormi traguardi scientifici mettono però la società di fronte a nuove sfide sia assistenziali che normative. Di fatto gli ex-pazienti oncologici in Italia sono comunque chiamati a dichiarare la patologia pregressa qualora, per esempio, volessero sottoscrivere o mantenere una copertura assicurativa per le malattie o una polizza vita. Ma non solo. Queste polizze rientrano spesso tra le condizioni necessarie per l’accensione di un mutuo. Nel caso della stipula di assicurazioni, una persona guarita dal cancro si trova dunque di fronte a un bivio: decidere di omettere di essere stata malata con il rischio di vedersi negare poi la prestazione assicurativa in caso di sinistro, oppure dichiarare la pregressa patologia con il rischio di rifiuto da parte della compagnia assicurativa.
Le disparità di trattamento non si fermano però alle questioni strettamente finanziarie. Anche i servizi di adozione risentono di queste dinamiche. Ovviamente per quanto riguarda le procedure internazionali vengono applicate le leggi dei Paesi in coinvolti. Invece, per le adozioni in Italia, persiste un vuoto normativo e la legge numero 184 del 1983 che regola questo ambito non contiene alcun riferimento esplicito ai malati oncologici. Nel dettaglio, prevede che per poter adottare un bambino i coniugi richiedenti debbano essere riconosciuti come idonei dal tribunale per i minorenni. Il giudice può poi disporre l’esecuzione di indagini volte ad accertare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare dei richiedenti e i motivi della domanda, ma le decisioni che ne seguono sono basate sulla giurisprudenza e non sulla legislazione vigente.
Alcuni Paesi europei hanno adottato già da tempo il diritto all’oblio (o “right to be forgotten“) per i pazienti oncologici. La Francia ne è stata pioniera introducendolo nel 2016. A seguire Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Portogallo hanno istituito lo stesso diritto e altre nazioni stanno prendendo in considerazione questa opzione, tra cui l’Italia. Di base, grazie a questo riconoscimento, gli ex pazienti oncologici non sono più obbligati a dichiarare la patologia pregressa dopo un determinato periodo di tempo, che generalmente viene quantificato in 10 anni.
Il Piano europeo di lotta contro il cancro mira non solo a garantire che i pazienti oncologici sopravvivano alla malattia, ma che vivano una vita lunga e soddisfacente, senza discriminazioni e ostacoli iniqui. Anche la Mission on Cancer, promossa e finanziata dalla Commissione europea, prevede di salvare entro il 2030 3 milioni di persone, assicurandogli una vita non solo più lunga ma anche qualitativamente migliore, attraverso 3 pilastri: prevenire, ottimizzare la diagnostica e il trattamento, ma soprattutto migliorare la qualità della vita.
Il commissario europeo per la Salute e la Sicurezza alimentare Stella Kyriakidou ha annunciato che l’esecutivo europeo sta “avviando un processo a livello dell’Ue per affrontare il diritto all’oblio in tutti gli Stati membri“. Aggiungendo pure che la Commissione stava lavorando con il settore assicurativo e finanziario per trovare un punto di incontro. “Forniremo loro risultati di ricerca affidabili e solide prove sui rischi di cancro” ha affermato il commissario, che ha poi aggiunto: “In definitiva, vogliamo aiutare gli assicuratori e le banche a valutare meglio l’affidabilità creditizia o il rischio assicurativo dei sopravvissuti al cancro“.
Il secondo elemento programmatico di rilievo di quest’anno sarà il lancio del primo Codice di condotta europeo per l’accesso equo dei sopravvissuti al cancro ai servizi finanziari. Con la previsione che sarà adottato entro l’inizio del 2024, il codice garantisce la possibilità di condividere solo le informazioni necessarie.
Una risposta valida a questi quesiti normativi potrà essere fornita solamente dalla scienza. In oncologia un paziente viene considerato “guarito” quando raggiunge la stessa aspettativa di vita delle persone che non hanno mai avuto un tumore. In sostanza, il rischio che la malattia si ripresenti deve essere lo stesso del resto della popolazione. Le tempistiche, però, sono specifiche per la tipologia e la sede della neoplasia: per il cancro alla tiroide sono necessari meno di cinque anni senza recidive affinché il paziente possa considerarsi guarito, per il tumore al colon e i melanomi questo arco di tempo si allunga a 10 anni, per i tumori della vescica e del rene, per i linfomi non-Hodgkin, i mielomi e le leucemie si superano invece i 15 anni. I tempi più lunghi si raggiungono per altri tumori frequenti come quelli della mammella e della prostata, che si attestano sui 20 anni, in quanto il rischio che la malattia si presenti, sebbene esiguo, si mantiene molto a lungo.
La priorità dovrebbe essere quindi colmare la lacuna normativa con una legge ad hoc che stabilisca criteri universali per poter classificare un paziente “guarito”. Per questo, l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) ha lanciato un allarme proprio sulla necessità del riconoscimento del diritto all’oblio del malato oncologico. L’invito è stato accolto in Senato con la presentazione di un disegno di legge volto alla garanzia per i malati oncologici, una volta guariti, del diritto all’oblio, cioè il diritto ad accedere al lavoro, a un mutuo o a un prestito, a stipulare un’assicurazione e anche ad adottare un bambino.
La riabilitazione del paziente oncologico non può fermarsi all’aspetto clinico (che ha già raggiunto numerosi traguardi). Piuttosto deve tradursi in tutele normative che possano portare la persona a reinserirsi completamente dal punto di vista sociale ed economico. L’urgenza di questo intervento legislativo è ancora più eclatante se si pensa ai 300.000 sopravvissuti a neoplasie durante l’infanzia. Le patologie neoplastiche coinvolgono ogni ambito della vita dell’individuo e la guarigione dovrebbe avvenire altrettanto trasversalmente.