Il calcolo e la divulgazione dell’Earth Overshoot Day sono importanti iniziative che, ormai da quasi venti anni, permettono di evidenziare il divario tra la domanda di risorse naturali della popolazione del globo e la capacità della Terra di rigenerarle. L’Earth Overshoot Day è una data simbolica, ricalcolata ogni anno, che rappresenta il giorno in cui l’umanità consuma completamente le risorse naturali che la Terra può produrre in un anno. La stima è globale, ma dai dati nazionali che la compongono è possibile ottenere i differenti Overshoot Day associati ai singoli paesi.
L’espressione della differenza fra consumo e disponibilità di risorse in termini temporali è stato concepito per la prima volta da Andrew Simms, mente di New Economics Foundation, che nel 2006 ha collaborato con Global Footprint Network per lanciare la prima campagna dell’Earth Overshoot Day. La cadenza di questa giornata è stabilita in base a misure ambientali relative al consumo dell’uomo di cibo, acqua e delle attività che emettono CO2. Rispetto ai tradizionali calcoli sulle emissioni, la novità apportata dall’Overshoot Day risiede nell’unità di misura: la quantificazione delle emissioni non è infatti in grammi di CO2 equivalenti ma in ettari, precisamente ettari globali, di foreste necessari ad assorbire le suddette emissioni.
IL CALCOLO
Il calcolo dell’Overshoot Day si fonda sul concetto di impronta ecologica. Questo indicatore quantifica le risorse naturali necessarie per soddisfare il consumo umano, confrontandole con la capacità della Terra di generarle nello stesso periodo. Le variabili chiave sono infatti due: l’impronta ecologica dell’uomo e la “biocapacità” della Terra. Entrambe sono misurate in ettari globali e possono essere calcolate sia in termini assoluti sia a livello pro capite. Considerando la capacità media del terreno dell’intero pianeta, per ettaro, di produrre risorse biologiche in un dato anno, un ettaro globale corrisponde all’area di terreno necessaria a rigenerare biologicamente ogni anno la quantità di risorse che un ettaro, in media, genera nel nostro pianeta.
L’impronta ecologica misura l’area di terra e acqua biologicamente produttiva che un territorio (ad esempio un paese) richiede per produrre tutte le risorse che consuma, per ospitare le infrastrutture urbane occupate e per assorbire i rifiuti che genera, utilizzando le tecnologie e le pratiche di gestione delle risorse prevalenti. Fra le risorse consumate dall’uomo non sono incluse solo acqua e cibo ma anche le risorse rinnovabili provenienti da coltivazioni, come carta, gomma e tabacco. Altra componente fondamentale, che ha determinato l’aumento esponenziale dell’impronta ecologica, sono le emissioni di carbonio. Le emissioni di gas climalteranti, dai primi anni ’70 in poi, hanno fatto sì che gli abitanti della Terra consumassero più risorse di quante ne producesse il pianeta, fino ad arrivare in un anno a una quantità di risorse pari a quelle prodotte da circa 1,7 “terre”, dato piuttosto stabile negli ultimi 5 anni.
Figura 1: Impronta ecologica mondiale per componente
Fonte: Global Footprint Network, York University, FoDaFo. National Footprint and Biocapacity Accounts, 2023 Edition
Per determinare se il bilancio annuale di risorse di un determinato territorio è in deficit o in surplus è sufficiente calcolare la differenza fra le due variabili che, intuitivamente, rappresentano il saldo ecologico. Un valore negativo del saldo indicherà che gli abitanti della Terra consumano più di quanto prodotto dal nostro pianeta in un anno, mentre un valore positivo indicherebbe un surplus di risorse. L’Overshoot Day si ottiene moltiplicando il rapporto fra biocapacità pro capite e impronta ecologica pro capite per 365. In questo modo si ottiene il numero di giorni in cui la Terra, in un determinato anno, può sostenere la domanda umana. Ad esempio, nel 2022, la formula appena descritta ha riportato un valore di 213, e infatti l’Overshoot Day è caduto nel duecentotredicesimo giorno dell’anno solare, il 1° agosto. Nell’anno appena trascorso, in lievissimo miglioramento, la Terra ha figurativamente esaurito le sue risorse un giorno dopo, il 2 agosto del 2023.
Da quando fu calcolato per la prima volta, nel 1961, il saldo ecologico della Terra, prima positivo, è deteriorato, per arrivare ad annullarsi intorno al 1970. In quell’anno il saldo raggiunse un valore pressoché nullo, a cui corrispose per la prima volta un consumo di risorse globale più o meno pari al quantitativo prodotto in un anno dalla Terra.
Figura 2: Impronta ecologica e biocapacità mondiale in termini assoluti (1961-2022)
Fonte: Global Footprint Network, York University, FoDaFo. National Footprint and Biocapacity Accounts, 2023 Edition
LE DIFFERENZE TRA PAESI
Dato l’andamento del saldo mostrato nella Figura 2, è evidente come l’Earth Overshoot Day sia giunto, con il passare degli anni, sempre più in anticipo sul calendario. Sebbene la velocità di questo fenomeno stia diminuendo nel tempo, esso è un forte indicatore dell’aumento incondizionato dei consumi dell’umanità, contro una biocapacità del pianeta cresciuta solo lievemente.
Le differenze negli Overshoot Day tra i paesi sono notevoli e offrono un’importante prospettiva sulle disuguaglianze globali. Le nazioni ad alto reddito e industrializzati tendono ad avere un giorno dell’Overshoot più precoce, poiché il loro stile di vita implica un consumo di risorse più elevato rispetto alla media mondiale, mentre quelle a basso reddito mantengono un saldo ecologico positivo per un periodo più lungo. Tuttavia, oltre allo stile di vita, è molto influente anche la dotazione di risorse naturali e la capacità di rigenerazione delle stesse. Ad esempio, l’Italia nel 2022 era responsabile di un’impronta ecologica di 4 ettari globali pro capite (un dato inferiore alla media UE di 4,5), mentre il saldo è uno dei peggiori dei paesi industrializzati a causa della contenuta biocapacità pro capite del territorio, nel 2022 pari ad un ettaro globale. Complessivamente, la Penisola riesce a soddisfare solo il 25% di quanto viene domandato. Fra i paesi industrializzati, dietro di noi figurano Stati Uniti, Giappone, Korea, Israele, Paesi Bassi, Belgio, Danimarca e Lussemburgo. Francia e Germania presentano invece valori di consumo pro capite più elevati rispetto alla Penisola, ma posseggono una biocapacità pro capite superiori. Dai calcoli contenuti nel National Footprint and Biocapacity Accounts del 2023, che andranno aggiornati e quindi potrebbero subire lievi modifiche, l’Italia sarà in debito con il proprio territorio già a partire dal 30 marzo 2024.