Il cambiamento climatico continua a rimodellare i nostri stili di vita e la necessità di adattamento, fenomeno annoso, giunto ad un punto di ritorno e di difficile riversibilità. Oltre i danni nei confronti del clima e dell’ecosistema, il riscaldamento globale diventa sempre di più una minaccia anche per la vita umana e potrebbe portare a un aumento significativo delle morti dovute al caldo eccessivo.
Secondo una ricerca condotta dalla London School of Hygiene & Tropical Medicine e pubblicata su Nature Medicine, l’Italia figura tra i Paesi europei più esposti agli effetti del caldo estremo, insieme a Malta, Spagna e Portogallo. Allo studio hanno contribuito anche l’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’Asl Roma 1 e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra). Secondo lo studio le morti causate dai cambiamenti climatici potrebbero aumentare di ben 2,3 milioni entro il 2099, con il sud dell’Europa particolarmente colpito, mentre i paesi più nordici potrebbero giovarne con una diminuzione importante delle morti causate dal freddo.
L’analisi dei tre scenari SSP (Shared Socioeconomic Pathways) presi in esame mostra che, in assenza di strategie di adattamento, i tassi netti di mortalità legati alla temperatura continueranno ad aumentare nel periodo 2015-2099, a causa esclusivamente dei cambiamenti climatici. In tutti i modelli analizzati, il numero di decessi causati dal caldo ha superato la riduzione di quelli dovuti al freddo, seppur con variazioni di entità a seconda dello scenario.
Nello scenario SSP1-2.6 (riscaldamento globale limitato a circa 1,5-2°C entro il 2100), il picco di aumento della mortalità connessa alla temperatura si è registrato nel 2060, con 7,6 decessi ogni 100.000 persone-anno, per poi mostrare un leggero calo. Nel caso dello SSP2-4.5 (riscaldamento intorno ai 2,5-3°C entro il 2100), il tasso di mortalità dovuto al cambiamento climatico si è stabilizzato tra 8 e 10 decessi ogni 100.000 persone-anno dal 2070 fino alla fine del secolo. Diversamente, lo scenario SSP3-7.0 (riscaldamento globale oltre i 4°C entro il 2100) ha evidenziato un incremento netto molto più marcato, con una crescita costante lungo tutto il secolo fino a raggiungere 45,4 decessi ogni 100.000 persone. Si tratta di un aumento del 49,9% rispetto ai livelli storici, pari a 91 decessi ogni 100.000 persone all’anno.
Se i dati dello studio si dimostreranno veritieri, ciò corrisponderà a 5.928 decessi annui con un aumento di 1,5°C, 28.714 decessi annui con 3°C e 69.857 decessi con un riscaldamento di 4°C. Inoltre, mentre negli scenari SSP1-2.6 e SSP2-4.5 i decessi legati alla temperatura scomparirebbero tra i più giovani, nel caso dello SSP3-7.0 l’aumento della mortalità riguarderebbe tutte le fasce d’età.
Fonte: Nature Medicine
Tra le 854 città europee analizzate, infatti, quattro italiane figurano tra le dieci più colpite entro la fine del secolo: Roma, con una stima di quasi 148.000 decessi, è seconda solo a Barcellona, che potrebbe raggiungere 246.000 vittime; seguono Napoli, al terzo posto con oltre 147.000 decessi, e Milano, quinta con più di 110.000 morti. Anche Madrid, Valencia, Atene, Marsiglia e Bucarest presentano situazione critica, mentre Genova chiude la classifica con oltre 36.000 decessi legati al caldo.
Città con maggiore variazione netta nei tassi di mortalità in eccesso legati alla temperatura
Fonte: Nature Medicine
Fonte: Nature Medicine
Paesi europei più colpiti dall’aumento delle temperature dal 2015 al 2099
Fonte: Nature Medicine
Cambiamento climatico e Arbovirosi, il 2024 anno record per la Dengue in Italia
Il cambiamento climatico nel Mediterraneo e in Italia ha avuto un impatto significativo anche sulla diffusione di malattie tropicali trasmesse da artropodi, come la dengue e il virus Zika. L’aumento della presenza di agenti patogeni esterni nel territorio italiano, causati anche dal cambiamento climatico e dunque dallo spostamento dei vettori, sta contribuendo a trasformare l’ecosistema locale e a modificare i pattern di endemicità.
Dalla Dengue alla Chikungunya, fino alla malattia di Chagas, strongiloidosi, schistosomiasi, cisticercosi, scabbia, filariosi, leishmaniosi ed echinococcosi cistica, le malattie tropicali neglette colpiscono ogni anno in Italia almeno 4.000-5.000 persone. Si tratta di un insieme di 21 patologie eterogenee, tipicamente diffuse nelle aree tropicali più povere, ma in crescente espansione anche in altri Paesi, Italia inclusa, a causa dei cambiamenti climatici, dell’aumento dei viaggi internazionali e della globalizzazione. Nel 2024, in Italia sono stati registrati 693 casi di dengue, di cui 213 autoctoni, un dato senza precedenti nel Paese.
L’idoneità climatica alla trasmissione della dengue è influenzata dalle variazioni di temperatura e precipitazioni causate dai cambiamenti climatici. Le temperature più elevate aumentano il tasso di puntura delle zanzare e la replicazione virale. Anche i tassi di sviluppo larvale e di comparsa degli adulti delle zanzare sono incrementati dalle temperature più elevate, mentre l’umidità elevata allunga la durata di vita delle zanzare e quindi aumenta il potenziale di trasmissione del virus.
Con il cambiamento climatico, la stagione di attività delle zanzare Aedes albopictus si allungherà nella maggior parte dei Paesi europei. Questo, insieme all’aumento del tasso di riproduzione della dengue e al numero crescente di casi importati, potrebbe far sì che i focolai di dengue rappresentino un rischio sanitario crescente in Europa in futuro, a meno che non vengano adottate adeguate misure di preparazione e gestione della malattia. La presenza della zanzara Aedes aegypti e Aedes albopictus tra giugno e settembre, come illustrato dallo studio della rivista Lancet, e approfondito nel precedente articolo I-Com, potrebbe facilitare l’insorgere di casi locali di Dengue, Zika virus e Chikungunya, specialmente in Italia, nel sud della Francia e in Spagna.
La condizione della salute globale e dei cambiamenti climatici è inoltre recentemente minacciata e aggravata dalle decisioni dell’amministrazione Trump, che con l’uscita degli Stati Uniti dall’OMS e dall’accordo di Parigi mina gli sforzi occidentali nella gestione della salute globale e nell’abbattimento dell’emissioni che, come abbiamo analizzato precedentemente, causeranno un aumento della mortalità nei prossimi decenni.
Secondo lo studio, infatti, fino al 70% di questi decessi potrebbe essere evitato se si intervenisse rapidamente per affrontare il cambiamento climatico: solo rapidi tagli alle emissioni di carbonio che mantengono basse le temperature hanno dimostrato di ridurre il numero di morti per calore estremo. Ciò dimostra l’importanza di strategie rigorose di mitigazione per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, oltre alla necessità di piani di adattamento mirati alle popolazioni e ai Paesi più vulnerabili.
In sintesi, le decisioni che i governi prenderanno nei prossimi decenni saranno determinanti per la sopravvivenza di milioni di persone e la salute degli ecosistemi. La decarbonizzazione della produzione di energia elettrica e dei trasporti pubblici, insieme alla riduzione degli impatti dell’agricoltura e dell’allevamento, sono le principali sfide da affrontare per evitare un’Europa sempre più calda e inospitale, che costringerà i cittadini a considerare l’adattamento come unica soluzione praticabile.