La nuova manovra di bilancio, pur muovendosi in un quadro di risorse limitate, si trova di fronte alla sfida decisiva e sempre più urgente di intervenire in profondità sul Servizio sanitario nazionale, uno dei pilastri del welfare italiano, ma oggi segnato da problemi strutturali sempre più gravi: carenza cronica di personale, modelli organizzativi vetusti e forti disuguaglianze tra Nord e Sud che stanno erodendo la tenuta di un sistema che, pur restando uno dei pochi davvero universalistici in Europa, rischia di non esserlo più.
Nel 2024 quasi un italiano su dieci ha rinunciato a visite o terapie per motivi economici, liste d’attesa troppo lunghe o difficoltà logistiche. Un aumento del 51% rispetto al 2023 che segnala un sistema sotto pressione, dove non basta più assumere: serve ripensare il modo in cui le risorse vengono organizzate e gestite, per restituire efficienza e equità a un servizio pubblico essenziale.
Il fabbisogno stimato da GapMed e dall’ultimo rapporto I-Com per la sanità è eloquente: al SSN mancano almeno 16.500 medici per incidere davvero sui tempi. Le criticità maggiori riguardano la medicina generale (- 5.500), seguita da pediatria (- 3.300), medicina interna (-2.000) e anestesia (-1.400). Il nodo più sensibile resta però quello dei medici di famiglia: in dieci anni sono passati da oltre 45.000 a meno di 38.000 (-20% circa). Oggi più di cinque milioni di cittadini non hanno un riferimento, con il rischio concreto che la cifra salga a otto milioni nei prossimi anni. A ciò si sommano dinamiche che ne riducono l’attrattività: borse dei corsi regionali di medicina generale ferme a circa 900 euro al mese (contro i 1.600 degli specializzandi universitari), carichi amministrativi pesanti, costi di gestione e platee di pazienti ben oltre i massimali: in Lombardia il 74% dei medici di base supera i 1.500 assistiti, in Veneto la quota sfiora il 70% con punte fino a 2.000 pazienti. Intanto la popolazione invecchia: gli ultraottantenni sono triplicati negli ultimi quarant’anni e, secondo le proiezioni, entro il 2034 quasi un terzo degli italiani avrà più di 65 anni.
La crisi delle vocazioni rende il quadro ancora più teso, nei bandi 2024 per i corsi di medicina generale il 15% delle borse è rimasto scoperto: su 2.623 posti disponibili solo 2.240 candidati si sono presentati. In alcune regioni le rinunce sono state impressionanti: -68% nelle Marche, -67% in Molise, -57% a Bolzano, -45% in Lombardia, -42% in Liguria e -41% in Veneto.
L’elevato numero di dimissioni e pensionamenti sta tuttavia avviando un processo di ringiovanimento della sanità nei reparti ospedalieri: per ogni medico con meno di 20 anni di carriera ce ne sono 3,28 che hanno superato questa soglia, un numero che però inizia a calare considerando che l’anno passato raggiungeva 4,4. Se confrontiamo chi ha oltre 27 anni di carriera con chi ne ha meno di 6 il divario rimane ancora enorme, uno contro 15, tuttavia decisamente in calo rispetto all’anno passato in cui il rapporto raggiungeva addirittura 26.
Anzianità di laurea dei medici di medicina generale (Trend 2009-2023) – Fonte: Ministero della salute
Infine, da non dimenticare la situazione sul lato infermieristico; infatti i test di ammissione ai corsi di laurea, attivi in 41 atenei pubblici, mostrano una tendenza significativa: il numero complessivo delle domande presentate per l’anno accademico 2025/2026 per la prima volta non copre i posti disponibili. Il numero di posti disponibili è cresciuto progressivamente, passando dai 10.614 del 2001 agli attuali 20.699 (di cui 290 riservati a Infermieristica pediatrica). L’andamento delle domande di ammissione, al contrario, ha mostrato una dinamica contraria: dai 45.000 candidati del 2010 si è giunti a meno di 19.000 quest’anno, un valore che risulta inferiore rispetto all’offerta formativa per la prima volta nella storia.
NUOVI CONTRATTI PER LA SANITÀ
In questo contesto il contratto del comparto Sanità 2022-2024 introduce un primo pacchetto di risposte per circa 581 mila lavoratori tra infermieri, ostetriche, tecnici, amministrativi e operatori sanitari. Gli aumenti in busta paga vanno da 150 a 172 euro lordi mensili, con arretrati 2024-2025 erogati da novembre (13 mensilità). Cambia anche l’accesso all’area di elevata qualificazione: oltre ai laureati magistrali con almeno tre anni di incarico di funzione, entrano i laureati triennali con sette anni di esperienza o titoli equipollenti con pari anzianità. Sul fronte dell’organizzazione arrivano sperimentazioni e diritti aggiuntivi: possibilità, su base volontaria, di distribuire le 36 ore su quattro giorni; buono pasto riconosciuto anche in lavoro agile; priorità allo smart working per chi è in condizione di disabilità o assiste familiari disabili; straordinari cumulabili, in presenza di incarico, fino a 5.000 euro l’anno. Debutta il profilo di “Assistente infermiere” e si estendono le tutele su permessi, congedi e formazione. Con una forza lavoro che invecchia, il contratto spinge sull'”age management”: part-time temporaneo, ferie anche ad ore, esonero dai notturni o dalla pronta disponibilità, tutoraggio dei neoassunti. Sul fronte della sicurezza è previsto il patrocinio legale per chi subisce aggressioni e, su richiesta, supporto psicologico. Aggiornate anche le indennità di specificità infermieristica, di tutela del malato e quella di pronto soccorso (fino a 500 euro mensili). Tra le misure sociali, arrivano le “ferie solidali” per cedere giorni a chi assiste parenti di primo grado.
Le reazioni sono state contrastanti: Nursind e Nursing Up hanno firmato e parlano di un passo avanti che consente di avviare subito la trattativa 2025-2027. Il ministro per la pubblica amministrazione Paolo Zangrillo ha definito l’intesa un risultato importante e ha chiesto di guardare con continuità alla prossima tornata. Di segno opposto la posizione di Cgil e Uil che non hanno firmato, criticando risorse e impostazione: un contratto “al ribasso”, troppo sbilanciato su componenti accessorie e temporanee e con una figura di assistente infermiere ritenuta poco definita e potenzialmente problematica per i LEA.
LEGGE DI BILANCIO 2026
A integrare il perimetro contrattuale arriva anche la Legge di Bilancio 2026 che si concentra sulla sanità e punta a frenare l’emorragia di professionisti dal pubblico con nuovi investimenti e incentivi mirati. La manovra destina 450 milioni di euro al rafforzamento degli organici, con l’assunzione di circa 1.000 medici e 6.300 infermieri. Si consolidano inoltre misure già avviate nel 2025: aumento delle indennità di pronto soccorso (50 milioni l’anno nel biennio 2025-2026) e un fondo strutturale da 120 milioni per migliorare il trattamento economico dei medici specializzandi. Dal nuovo anno accademico 2025-2026 la retribuzione base dei medici in formazione cresce del 5%, mentre la componente variabile – legata alle specialità meno scelte, come urgenza e anestesia – sale fino al 50% per riequilibrare la distribuzione tra discipline.
La manovra attribuisce maggiore valore alle professioni sanitarie anche attraverso 280 milioni aggiuntivi sulle indennità di specificità, con ricadute particolarmente positive sul personale infermieristico. Secondo la Corte dei conti a regime gli incrementi delle indennità ammonteranno a 412 milioni per medici e veterinari e a 480 milioni per gli infermieri: tradotto, circa 3.050 euro lordi annui in più per ogni medico e 1.600 per ciascun infermiere. Sul piano fiscale per gli infermieri del servizio pubblico debutta una flat tax al 5% sugli straordinari, per rendere la sanità pubblica più competitiva del privato e disincentivare l’esodo.
Accanto alle risorse il “piano Schillaci” punta su formazione, tutele e sicurezza per la sanità. La nascita di una Scuola di Specializzazione in Medicina Generale – in sostituzione degli attuali corsi regionali – mira a offrire una formazione universitaria omogenea e di qualità. Sul fronte giuridico si introduce un principio di responsabilità penale limitata: medici e operatori potranno essere perseguiti solo per colpa grave quando rispettano linee guida e buone pratiche cliniche. Per la sicurezza arriva invece la flagranza differita, che consente l’arresto degli aggressori anche dopo il fatto, grazie a immagini e testimonianze documentate.
Per il ministro Orazio Schillaci il nodo non è solo economico, ma organizzativo e burocratico. In un’intervista ha sottolineato come molti professionisti italiani all’estero indichino proprio nella burocrazia la prima spinta alla fuga: chiedono contratti più flessibili e meno vincoli. Da qui la proposta di riportare la gestione contrattuale del personale sanitario sotto la diretta competenza del Ministero della Salute, per semplificare le procedure e rendere i contratti più coerenti con le esigenze delle diverse professioni. L’obiettivo è duplice: trattenere il personale esperto e rendere più attrattiva la carriera medica per i giovani, mentre l’estero continua a offrire condizioni migliori e ambienti meno gravati da adempimenti amministrativi.
CONCLUSIONI
Resta la prova più difficile: trasformare risorse e norme in tempi d’attesa più brevi e in una migliore esperienza di cura. Contratto e manovra muovono leve importanti – riconoscimento economico, flessibilità organizzativa, sicurezza, formazione – ma senza una reale semplificazione della macchina e una programmazione del fabbisogno più lungimirante, gli aumenti rischiano di non bastare alla sanità italiana. Ridurre le rinunce alle cure, riportare i medici di famiglia al centro dell’assistenza territoriale, riequilibrare i reparti in sofferenza e valorizzare le competenze infermieristiche sono gli snodi che decideranno se il SSN resterà davvero universalistico e sostenibile. La direzione è tracciata, la distanza da coprire però resta significativa.




