Le incognite della Strategia per la crescita digitale

Con un’innovazione metodologica senz’altro apprezzabile il Governo Renzi ha messo in consultazione (fino al 20 dicembre) contemporaneamente la “Strategia per la banda larga” e la “Strategia per la crescita digitale 2014-2020”. Dunque lasciandosi alle spalle i soliti e stantii dibattiti se venga prima la domanda o l’offerta di infrastrutture e servizi digitali nella consapevolezza che di tempo ne è stato perso già troppo.

Come dimostrano i dati contenuti nel Rapporto I-Com 2014 sulle Reti e i Servizi di nuova generazione, in attesa che il dibattito filosofico-metafisico giungesse a una ontologicamente impossibile conclusione, l’Italia non ha lavorato come avrebbe dovuto né sulla domanda né sull’offerta.

E’ vero che nel 2013 si registrano alcuni segnali positivi, che saranno probabilmente confermati quando sarà possibile fare un consuntivo del 2014, ma la posizione di ritardo dell’Italia rispetto al resto d’Europa è innegabile. D’altro canto, però, siamo ancora nella posizione di recuperare. Se si eccettuano alcuni Paesi leader (Svezia, Danimarca e Olanda su tutti), con i quali difficilmente si potrà azzerare il gap nei prossimi 4-5 anni, con tutti gli altri possiamo giocarcela. Purché gli strumenti da mettere in campo siano proporzionati e gestiti efficacemente.

E’ certamente una questione di risorse, che sembrano probabilmente più adeguate sul fronte dello sviluppo delle reti che della digitalizzazione della PA (nella quale possono peraltro conseguirsi risparmi di spesa cospicui a fronte di investimenti proporzionati). Nel documento relativo alla “Strategia per la crescita digitale”, il profilo temporale del fabbisogno finanziario è forse un po’ troppo spostato in là (il picco massimo viene raggiunto nel 2017 e, a seguire, nel 2018 e nel 2016, forse si sarebbe potuto postare proporzionalmente di più nel 2016) ma, diversamente da quanto avviene per altri documenti di programmazione, forse perché si pesca a piene mani nei fondi europei, quantomeno non stiamo parlando di un profilo esponenziale crescente ma di una curva a campana (nel periodo 2014-2020).

Tuttavia, l’implementazione di alcune misure, come lo SPID (il Sistema Pubblico d’Identità Digitale), pur tenendo conto della complessità, appare troppo lenta (si prevede soltanto nel 2020 una copertura del 70% della popolazione italiana). Spazio maggiore dovrebbe essere inoltre dedicato ai profili di sicurezza e di privacy per i cittadini e le imprese che hanno un proprio spazio personale per tutte le loro attività con la PA. Certamente un’architettura decisamente utile e comoda ma di cui deve adeguatamente tenersi in conto i relativi rischi. Italia Login sarà ci auguriamo una meravigliosa casa dei cittadino ma come tutte le case, a cominciare proprio da quelle più belle, deve essere protetta adeguatamente, non solo e non tanto da intrusioni esterne alla PA.

In definitiva, però, la principale incognita della strategia digitale della domanda, imperniata sull’E-government, sta nella capacità dell’Agenzia per l’Italia Digitale e del suo dante causa politico, che con giusta scelta è stato individuato direttamente nel Presidente del Consiglio, di mettere in scena con i tempi giusti e con la massima efficacia uno spartito con un numero elevatissimo di attori. Di cui si fa un elenco (per difetto) a pag.35 del documento (6 Ministeri, una tecnostruttura indipendente, 21 Regioni e province autonome, per non parlare degli ottomila Comuni e, aggiungiamo noi, degli infiniti enti e partecipate. Sarà in grado l’Agenzia, sotto la tutela politica del Presidente del Consiglio, di tenere la barra dritta e di trovare una sintesi? Senza stabilire un sistema credibile di premi e sanzioni per le amministrazioni rispettivamente virtuose e inadempienti, difficile che possa accadere. D’altronde lo dimostra plasticamente l’applicazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, demandato alle Regioni. Se nel 2012 già ne risultavano ben 6 milioni attivi in Lombardia, nella stragrande maggioranza delle altre Regioni italiane nella migliore delle ipotesi si era avviata semplicemente la sperimentazione.

L’unica possibilità di successo per la Strategia per la crescita digitale è non disperdere risorse e coordinare gli sforzi in modo tale che tutti i cittadini italiani possano beneficiarne. Il documento del Governo è generalmente apprezzabile ma non garantisce sul risultato finale. Con strumenti che possano andare oltre la buona volontà di chi ci governa in un dato momento.

Presidente di I-Com, Istituto per la Competitività, think tank che ha fondato nel 2005, con sede a Roma e a Bruxelles (www.i-com.it). Docente di economia politica e politica economica nell’Università Roma Tre.

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