L’intelligenza artificiale: la frontiera digitale che va oltre le aspettative

shutterstock_147776027La NASA ha scoperto un nuovo pianeta, Kepler 90i. Certo, non è la prima volta che l’Agenzia governativa del programma spaziale degli Stati Uniti e della ricerca aerospaziale ci sorprende con tali notizie entusiasmanti, che ci riportano alla mente l’interrogativo “siamo soli nell’universo?”. Questa volta però, ciò che ci ha entusiasmato di più è stato sapere che gli astronomi si sono affidati ad un prezioso alleato, l’intelligenza artificiale di Google, che applicando una rete neurale all’enorme catalogo di dati raccolti dal telescopio spaziale Kepler è riuscita a scovare un esopianeta, passato inosservato alle precedenti analisi.

Dinanzi a tali avvenimenti ci viene facile pensare alle infinite potenzialità dell’intelligenza artificiale e chissà quante sorprese ancora ci attendono, dal momento che i sistemi intelligenti riescono ogni volta a superare le aspettative e a prospettarci soluzioni differenti grazie alla capacità di elaborare informazioni a velocità incomparabili rispetto a quelle umane.

C’è da dire che dagli anni ’50, in cui Alan Turing pubblicò l’articolo “Computing machinery and intelligence” – considerato da molti il manifesto dell’intelligenza artificiale moderna e nel quale fu introdotto il famoso test, per determinare se e quando una macchina si possa considerare intelligente – ad oggi, l’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante e trova ormai applicazione in tutti quegli ambiti in cui bisogna prendere decisioni particolarmente complesse, come la scelta di una terapia medica, la pianificazione di una strategia difensiva o comunicativa, oppure una negoziazione. Si pensi, però, in via più immediata, ai chatbot o agli agenti intelligenti che permettono di rispondere alle domande del cliente in modo automatizzato o anche ai software di Data Mining, Machine Learning e Deep Learning per le analisi predittive. L’intelligenza artificiale pervade, però, anche ambiti in cui non per forza è necessario un processo decisionale articolato: si fa riferimento, ad esempio, all’organizzazione del lavoro in fabbrica che è destinato a cambiare completamente con il consolidarsi dell’automazione e con l’ausilio di robot industriali, che consentiranno di eliminare mansioni ripetitive e pericolose, oppure ai veicoli autonomi o alla domotica.

Esempi di intelligenza artificiale e ambiti di applicazione

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Fonte: Altimeter, The Age of AI. How Artificial Intelligence Is Transforming Organizations, 2017

Dunque, l’intelligenza artificiale ha davvero un impatto dirompente su ogni settore economico e sta spingendo il mercato mondiale verso una crescita esponenziale. IDC (2017) stima che i ricavi mondiali derivanti dalle applicazioni di intelligenza artificiale e cognitive computing raggiungeranno circa 13 miliardi di dollari per fine 2017 ed entro il 2020 saranno superiori a 46 miliardi di dollari. In questo trend si inserisce anche il fenomeno della crescita del fatturato generato dalle chatbot e dell’incremento del numero di installazioni di robot industriali che, secondo i dati del World Robotics 2017, aumenteranno di almeno il 18% nel 2017 rispetto al 2016, raggiungendo le 346.800 unità per poi arrivare a circa 520.900 unità nel 2020.

L’intelligenza artificiale, come la gran parte delle innovazioni tecnologiche, porta con sé euforia ma inevitabilmente segnali di preoccupazione. Potenzialmente la crescita e il consolidarsi dell’intelligenza artificiale consentirà lo sviluppo di grandi opportunità ma al contempo genererà profondi cambiamenti sulla società, ponendo sfide dal punto di vista operativo, etico ed economico. Cambierà inevitabilmente il modo in cui utenti e consumatori finali interagiranno con le imprese, ma anche, ad esempio, la relazione medico-paziente.

Proprio questi sono stati i temi affrontati nel corso del convegno pubblico organizzato a Roma da I-Com lo scorso 12 dicembre, in occasione del quale è stato presentato il Report dell’Osservatorio Consumatori 2017 – “Verso l’isola del tesoro. Le rotte dei consumatori tra protezione e mercato e la mappa della regolazione, che quest’anno ha voluto dedicare ampio spazio all’intelligenza artificiale, che sta ormai ridefinendo nuovi modelli di business, ridisegnando i confini delle attività aziendali e offrendo numerose opportunità.

Agli evidenti benefici che possono scaturire dall’impiego dell’intelligenza artificiale nei diversi settori fanno da contrappeso, però, interrogativi etici che sfociano, ad esempio, nel timore che non sia più la tecnologia al servizio dell’uomo ma l’uomo al servizio della tecnologia. Un altro possibile ostacolo all’adozione su vasta scala dell’intelligenza artificiale è rappresentato dalla protezione dei dati, soprattutto in determinati settori come ad esempio quello sanitario, in cui il livello di sensibilità delle informazioni è ancora più elevato e dunque richiede maggiore affidabilità, precisione, sicurezza e garanzia di un trattamento adeguato.

Oltre al timore dell’asservimento dell’uomo alla tecnologia e alle preoccupazioni in materia di privacy e sicurezza, un altro timore frequentemente evocato quando si discute di intelligenza artificiale e di robotica riguarda l’impatto sul mercato del lavoro. Spesso ci si pone l’interrogativo se queste innovazioni tecnologiche renderanno l’essere umano obsoleto per alcuni mestieri. Attualmente vi sono due scuole di pensiero. Secondo la prima, molti posti di lavoro sono a rischio a causa della digitalizzazione e dell’automazione. L’ipotesi alla base di tale pensiero è che le nuove tecnologie digitali hanno un effetto negativo soprattutto sui lavoratori a basso e medio livello qualificato. Probabilmente saranno eliminate le occupazioni ad alta routine. In futuro, il lavoro semplice, per lo più eseguito dalla pura forza fisica, sarà sempre più eseguito dalle macchine, soprattutto se si tratta di azioni ripetitive.

Al contrario, la seconda scuola di pensiero parte dal presupposto che ogni grande ondata di innovazione tecnologica reca con sé il timore di una disoccupazione di massa, invece, la storia insegna che il progresso tecnologico non ha mai sottratto posti di lavoro ma da sempre creato nuove opportunità lavorative, diverse da quelle attuali – basti pensare alla Rivoluzione industriale – e perciò questa è solo una nuova era, che richiede adeguamenti soprattutto nella formazione. Di conseguenza, può essere più utile concentrarsi su come i dipendenti possano sviluppare le nuove competenze necessarie per i lavori di domani

Dunque, l’intelligenza artificiale è destinata a trasformare la vita quotidiana e le modalità con cui i clienti interagiscono con le aziende, vi sono, però, degli ostacoli educativi ed emotivi da eliminare prima che i consumatori si sentano abbastanza sicuri per sfruttare appieno il potenziale che da essa può derivarne. Le aziende dal loro canto devono essere in grado di assimilare il cambiamento, allo scopo di non farsi travolgere dalle innovazioni in arrivo, bensì coglierne le opportunità, che sembrano essere davvero numerose.

Research Fellow dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Laureata in Economia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Finanza Aziendale Internazionale. Successivamente ha conseguito un master di II livello in “Concorrenza, economia della regolamentazione e della valutazione”, presso la medesima università.

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