Sarà una Pasqua che di certo non dimenticheremo quella del 2020. Annullate le gite fuori porta o al mare e i pranzi con i parenti e i pic-nic nei parchi, gli italiani si preparano a trascorrere una delle festività più importanti dell’anno tra le quattro mura domestiche. A non cambiare, però, sono le abitudini alimentari. Un’indagine condotta da Coldiretti/Ixe’ stima in 1,1 miliardi di euro la spesa delle famiglie per questi giorni di festa. Tra i beni più acquistati, i prodotti tipici, il vino e gli ingredienti principali delle ricette tradizionali.
UNA PERDITA DA 6 MILIARDI PER IL TURISMO
Il lockdown decretato dal governo ha imposto la chiusura di locali, ristoranti e agriturismi. Si tratta di una congiuntura che determinerà una perdita di circa il 27% per la spesa complessiva del pranzo di domenica. Nello specifico, saranno proprio le strutture turistiche e di ritrovo a pagare il conto più salato. “Un sacrificio necessario – si legge nel comunicato diffuso da Coldiretti – ma doloroso che costa 6 miliardi al sistema turistico con lo stop agli spostamenti verso parenti, amici, vacanze o gite fuori porta che interessa 20 milioni di italiani che l’anno scorso erano usciti di casa per Pasqua“. Sono numeri che mettono a rischio ancor di più un settore che viene già da una grave sofferenza dovuta ai provvedimenti delle ultime settimane e che, dati alla mano, rischia il collasso (ne abbiamo parlato qui). “Sull’orlo del crack non solo alberghi e ristoranti, ma anche i 23.000 agriturismi presenti in Italia per i quali la Pasqua segna tradizionalmente l’inizio della stagione turistica“.
LA RIVINCITA DEL “FATTO IN CASA”
Ma se non potranno uscire, come si stanno organizzando gli italiani? Di sicuro c’è chi, nonostante le limitazioni, non intende proprio rinunciare alle tradizioni, anche se le specialità culinarie di questo periodo festivo saranno preparate per lo più nelle cucine delle nostre abitazioni. Da un lato, quindi, si impenna il consumo del “fatto in casa”, con lieviti, farina e uova (quelle vere!) ormai assenti da settimane sugli scaffali dei supermercati, mentre dall’altro, si assiste già a un calo pesante – che si aggira intorno al 50% – delle produzioni artigianali a causa delle restrizioni imposte a pasticcerie e laboratori artigianali. A rivelarlo è un’indagine condotta congiuntamente da CNA Agroalimentare e CNA Commercio tra i propri iscritti, secondo cui le vendite caleranno almeno del 20%.
L’APPELLO DEI PRODUTTORI
Complici gli orari limitati di apertura dei supermercati e le lunghe file all’ingresso, anche le grandi aziende dolciarie del Paese condividono la stessa preoccupazione e si uniscono all’appello lanciato dal ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova con l’hashtag #iononrinuncioalletradizioni: “In queste ore – ha dichiarato il ministro al Sole 24 Ore – [la grande distribuzione] sta svolgendo un compito importante per la sicurezza alimentare e per questo dico: acquistate ancora più prodotti italiani, assicurate anche la presenza nei vostri negozi dei prodotti della tradizione pasquale”. Da Maida a Dolfin, sono molte le realtà imprenditoriali che hanno aderito all’iniziativa.”Le vendite nei supermercati di prodotti pasquali realizzati dalle aziende italiane stanno subendo una flessione nei volumi di vendita di oltre il 30%“, ha dichiarato l’amministratore delegato di Maina Marco Brandani. Con il timore che i numeri potranno in futuro peggiorare e portare al collasso l’intero settore. E dello stesso avviso è anche il presidente di Dolfin Santi Finocchiaro: per la sua azienda “la campagna pasquale incide per il 40% del fatturato complessivo. Ma per le aziende delle ricorrenze, come quelle che lavorano i lievitati, sono a rischio il lavoro e gli investimenti di un anno intero“.
IL CALO COLPISCE ANCHE L’AGNELLO DELLA TRADIZIONE
Il comparto dei dolci e dei lievitati, tuttavia, non è il solo a risentire delle conseguenze della Pasqua “blindata” che ci apprestiamo a vivere. Nello specifico, l’allarme arriva dal Consorzio per la tutela dell’agnello Igp di Sardegna. Si parla di stime che si aggirano intorno al -35% del numero delle vendite, per un totale di 20 milioni di euro in meno. Le principali cause, anche in questo caso, sono da rintracciare nella chiusura di ristoranti e agriturismi e nell’impossibilità per gli italiani di imbandire le proprie tavole e riunirsi con amici e parenti. “Nel periodo febbraio-aprile 2019 c’è stata una vendita di 247.000 agnelli Igp, 60.000 di abbacchio romano e 15.000 di agnello centro italiano“, ha dichiarato al Sole 24 Ore il presidente del consorzio Battista Cualbu. Numeri, questi ultimi, lontanamente vicini a quelli di quest’anno.