Con l’aumento di 10.000 imprese che vendono online negli ultimi 5 anni, la crescita del 17% del fatturato nel 2019 e il sovvertimento dell’architettura delle attività a seguito della pandemia, l’e-commerce si conferma uno dei settori più dinamici e discussi dei nostri tempi. L’avanzata del mondo digitale segue un andamento esponenziale da anni ed è arrivato ad influenzare la nostra quotidianità in tutti i suoi aspetti, dal modo in cui decidiamo di passare il nostro tempo libero a cosa vogliamo portare in tavola. Nell’analisi di questa evoluzione magmatica è necessario ormai considerare l’impatto dell’emergenza sanitaria. Infatti, le misure per il contenimento della diffusione del coronavirus hanno iniziato a rivoluzionare le tendenze di consumo non solo degli italiani ed è proprio in virtù della sua natura trasversale che l’e-commerce si presenta come lo specchio ottimale delle abitudini dei cittadini, e anche come una finestra sul futuro del commercio al dettaglio.
Secondo il rapporto di Unioncamere pubblicato il 18 maggio tra il 2015 e il 2020 le imprese attive nella vendita al dettaglio attraverso internet sono cresciute ad una media annua del 14,5%, arrivando a quota 23.386 unità. È un dato espressione del fiorente sviluppo degli shop online, specialmente se si considera che la totalità del settore del commercio al dettaglio si è ridotto in termini di numero di punti di rivendita. Il tasso di decrescita annuo calcolato nell’ultimo quinquennio è pari all’1%, una contrazione questa, che ha portato il numero di unità totali presenti sul mercato ad abbassarsi da 866.291 (marzo 2015) a 821.540 (marzo 2020).
A investire di più sulla vendita attraverso il web sono stati gli imprenditori del Sud Italia, forse per cercare di far fronte alla carenza di infrastrutture sul territorio. Infatti, sebbene sia la Lombardia a registrare l’aumento maggiore in termini assoluti con 1.845 nuove unità in 5 anni, sono la Campania e la Basilicata a tenere il ritmo di espansione più elevato (+25,4%), immediatamente seguite da Calabria (+22,6%) e Sicilia (+16,8%).
Ma in che modo il Covid-19 ha influito e influirà sugli equilibri del commercio virtuale? Secondo il report E-commerce in Italia 2020 – Vendere online ai tempi del coronavirus della Casaleggio Associati guidata da Davide Casaleggio, il fatturato delle imprese attive sull’e-commerce è aumentato nel 2019 del 17%, per un totale di 48,5 miliardi di euro. Tuttavia, dal rapporto emerge come il 54% delle imprese interpellate abbiano dichiarato a metà marzo 2020 di non aver riscontrato un miglioramento negli affari. Sebbene ciò possa risultare contro-intuitivo, la limitazione della quotidianità all’interno delle mura domestiche dovuta al lockdown e il conseguente aumento del tempo impiegato dagli utenti davanti a uno schermo non sono stati elementi sufficienti per la crescita parallela del settore.
Molte imprese non sono riuscite a star dietro all’aumento improvviso della domanda, che si è manifestato con la crescita media degli ordini del 96% (si pensi ad esempio ai settori dell’intrattenimento online, dell’istruzione o della distribuzione di generi alimentari). Gli ambiti nell’organizzazione dell’attività imprenditoriale che possono definirsi “sotto stress” sono lo smartworking (31%), la logistica (27%) e l’approvvigionamento del prodotto (21%). In risposta alle pressioni dei clienti, le strategie adottate sono state diverse e vanno dall’utilizzo delle code virtuali allo store online, alla limitazione delle vendite a determinate categorie di utenti.
Nonostante i colli di bottiglia dovuti alla repentina virata delle necessità della struttura imprenditoriale nazionale, i dati di marzo relativi all’e-commerce sono positivi in media, anche se ancora non si vedono gli effetti del coronavirus sui posti di lavoro alla cui contrazione potrebbe seguire la riduzione del potere di acquisto degli italiani.
Tra i settori avvantaggiati dalla situazione spiccano la grande distribuzione e il food delivery, salute e bellezza e l’editoria che deve la sua crescita in particolare all’offerta di contenuti in streaming. Per quanto riguarda il tempo libero e lo sport, si ravvisa una modifica degli acquisti che passano dalla prospettiva outdoor a quella indoor. In particolare sofferenza, invece, troviamo il settore del turismo che rappresentava il 25,6% del fatturato totale del commercio online prima della pandemia e che invece ha subito, inevitabilmente, un forte rallentamento.
L’e-commerce è quindi in una fase di mutazione profonda, in termini di ranking delle quote di mercato, di legami interni alla catena di produzione e preferenze dal lato della domanda. Ciò che più colpisce è che l’entità degli sforzi e degli investimenti che le imprese italiane stanno sostenendo per contrastare la situazione sanitaria lascia pensare che i cambiamenti apportati alle dinamiche dell’e-commerce siano di carattere permanente e non legate a una contingenza emergenziale transitoria. Si consideri infine che i decreti che a marzo hanno bloccato la maggior parte delle attività produttive, consentendo il proseguimento dei servizi postali, hanno permesso l’elevazione dell’e-commerce al rango di settore essenziale, sancendo così l’importanza del ruolo che il commercio via Internet rivestirà nel futuro dell’economia mondiale.