Unione europea della salute: grandi ambizioni, pochi poteri, niente soldi (o quasi)


Articolo
Mattia Ceracchi
salute

Nel breve-medio termine la volontà di dare seguito sul piano normativo alle lezioni tratte dalla crisi pandemica, con un potenziamento della preparazione e della risposta comune europea alle emergenze sanitarie presenti e future. Nel lungo periodo l’esplicita ambizione di intraprendere il percorso verso la costruzione di un’Unione europea della salute, evitando, per ora, di proporre un ampliamento delle (ridotte) competenze Ue in materia sanitaria definite nei trattati. Nel mezzo, la solita distanza che separa, da un lato, le aspirazioni della Commissione europea declinate in strategie di ampio respiro e, dall’altro, la realtà di poteri comunitari limitati e di un bilancio comune inadeguato per realizzarle.

Il pacchetto di iniziative in materia di salute – una comunicazione politica e tre proposte legislative – presentato mercoledì 11 novembre dalla Commissione europea si pone innanzitutto l’obiettivo di potenziare il quadro normativo per la preparazione e la risposta alle crisi sanitarie, rafforzando il ruolo delle agenzie europee più coinvolte. E delinea, nelle intenzioni dell’esecutivo Ue, i primi elementi per la costruzione dell’Unione sanitaria, annunciata lo scorso settembre dalla presidente Ursula von der Leyen nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione.

E proprio il progetto dell’Unione della salute è il contenuto della comunicazione politico-strategica adottata. La riflessione della Commissione muove necessariamente dall’esperienza della crisi pandemica in corso, che attesta in maniera evidente la necessità di maggiore coordinamento e cooperazione tra gli Stati membri e le istituzioni europee. L’Ue deve quindi dotarsi di strumenti adeguati per prevenire, gestire e prepararsi adeguatamente a fronteggiare le crisi sanitarie: solo un’Unione della salute più forte, con relativi vantaggi sociali ed economici, è la conclusione della Commissione, può essere all’altezza di questo compito.

Tuttavia, tiene subito a precisare l’esecutivo europeo, queste prime proposte “sono in linea con le disposizioni dell’attuale trattato“: richiederanno, è vero, il massimo impegno da parte degli Stati membri, “fermo restando il rispetto delle competenze nazionali in materia sanitaria“. La proposta di discutere la revisione delle competenze fissate nei testi costituzionali, è rimandata (forse) alla Conferenza sul futuro dell’Europa, ma rischia di rimanere sulla carta, sia perché resta a oggi improbabile che tale Conferenza possa seriamente dibattere e adottare conclusioni vincolanti in materia di riforma dei trattati, sia per la storica opposizione degli Stati membri a cessioni di sovranità nel settore della sanità.

Passando alle iniziative legislative, la prima tra quelle presentate in settimana intende riformare la legislazione relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, allo scopo di istituire una cornice normativa più robusta che renda possibile il coordinamento da parte della Commissione e delle agenzie dell’Ue nelle situazioni di crisi. Tra le altre cose, l’esecutivo europeo propone, da un lato, di consolidare la preparazione alle crisi, autorizzando l’elaborazione di una serie di raccomandazioni che dovranno condurre alla formulazione di piani di prevenzione uniformi a livello nazionale. E, dall’altro, di rafforzare la sorveglianza, stabilendo un sistema di monitoraggio integrato e potenziato a livello europeo, e favorendo l’utilizzo “dell’intelligenza artificiale e di altri mezzi tecnologici avanzati“.

Agli Stati membri, sempre nelle intenzioni della Commissione, dovrà essere richiesto di potenziare la comunicazione degli indicatori dei sistemi sanitari (disponibilità di posti letto negli ospedali, disponibilità di posti per terapia intensiva, ecc.). L’elemento più innovativo della normativa proposta consiste però nella possibilità, per l’Unione, di dichiarare una situazione di emergenza di livello europeo e far scattare così un maggiore coordinamento che permetta immediatamente lo sviluppo, lo stoccaggio e l’approvvigionamento dei prodotti di necessità per la crisi.

Rafforzare la cornice normativa generale significa potenziare e dotare di mandati più estesi le agenzie europee coinvolte da vicino nel contrasto alle crisi sanitarie: il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e l’Agenzia europea per i medicinali (EMA). Il mandato dell’ECDC dovrebbe essere rafforzato, propone la Commissione, in modo che esso possa supportare in modo più incisivo l’esecutivo europeo e gli Stati membri, non limitandosi a emanare solamente orientamenti tecnici senza poter fornire, ad esempio, alcun’analisi dei dati raccolti, come accaduto nel corso della pandemia attuale. Il nuovo ECDC dovrebbe, tra le altre cose, formulare raccomandazioni più incisive sulle misure di lotta contro focolai di malattie e suggerire ai Paesi membri opzioni per la gestione del rischio. Nonché intensificare l’analisi e la modellizzazione per sostenere i singoli Paesi nel controllo dei focolai, raccogliendo ed elaborando un maggior numero di dati e garantendo una sorveglianza epidemiologica in tempo reale, e garantire capacità di mobilitare e inviare task force sanitarie continentali per supportare la risposta locale nei singoli Paesi.

Il potenziamento del mandato dell’Agenzia europea per i medicinali pare avere soprattutto l’obiettivo di rendere permanenti le misure eccezionali messe in campo durante la pandemia di Covid-19. La nuova EMA dovrà quindi, tra l’altro, in modo strutturale, provvedere ad azioni di monitoraggio e mitigazione del rischio per eventuali carenze di medicinali e dispositivi medici essenziali, assumere funzioni di consulenza scientifica nello sviluppo e nell’approvazione più rapida di medicinali per curare o prevenire malattie che possono provocare emergenze per la salute pubblica, accelerare l’iter dei pareri scientifici sui protocolli di sperimentazione e svolgere analisi periodiche dei dati raccolti dalle sperimentazioni cliniche e da altri studi.

La comunicazione presentata dà maggiori dettagli, inoltre, sulla futura Agenzia europea per la ricerca e lo sviluppo avanzati in campo biomedico, di cui von der Leyen aveva di recente annunciato l’istituzione con un richiamo al modello della statunitense BARDA. Nel corso della crisi pandemica, come denunciato da più parti nei mesi scorsi, l’Europa non ha avuto accesso alle scorte di materiale medico necessario. E’ emersa dunque la vulnerabilità delle proprie catene di approvvigionamento: tema richiamato a più riprese da documenti dell’esecutivo europeo come caposaldo di una possibile autonomia strategica industriale dell’Unione. È mancato, inoltre, un approccio coordinato e sistematico che sostenesse lo sviluppo, la produzione e l’acquisto del materiale necessario. La nuova agenzia dovrebbe quindi contribuire a porre rimedio a tali carenze strutturali, soprattutto in relazione allo sviluppo in campo biomedico: ad esempio, con un’analisi delle tecnologie biomediche emergenti che potrebbero trovare applicazione concreta in situazioni di crisi. Per conoscere nel dettaglio ruolo e funzioni del nuovo ente dovremo però sottostare alla classica tempistica europea: la Commissione presenterà la proposta per istituire l’agenzia soltanto nel quarto trimestre del 2021.

Ma come si finanzia tutto ciò? Il tema resta ancora una volta il punto dolente dell’intera strategia della Commissione, accanto a quello delle competenze costituzionali. La maggior parte delle azioni previste dovrà essere finanziata dal nuovo programma EU4Health, previsto dal prossimo Quadro finanziario europeo 2021-27. E in questo caso von der Leyen deve ringraziare soprattutto gli eurodeputati, che nel negoziato con il Consiglio sono riusciti a strappare per il programma una dotazione finanziaria complessiva di 5,1 miliardi (in ogni caso, appena lo 0,3% dell’intero Piano di ripresa): la proposta originale della Commissione, che aveva suggerito di dotare EU4Health di 9,4 miliardi, era stata rasa al suolo dall’accordo tra gli Stati membri di luglio, che avevano tagliato pesantemente il budget a 1,7 miliardi. Fatto che segnala, se non altro, una scarsa volontà da parte dei Paesi di trasferire a livello europeo le proprie competenze in materia sanitaria.

Il cammino dei prossimi mesi è già tracciato. Le tre proposte normative presentate dovranno ovviamente seguire l’iter legislativo classico ed essere discusse in Parlamento e in Consiglio. La Commissione, però, si appresta a rilanciare sul fronte delle politiche della salute già dalle prossime settimane e a delineare le due priorità che saranno al centro dell’agenda sanitaria europea nei prossimi anni, la strategia farmaceutica – prevista per il 24 novembre – e il Piano contro il cancro, in calendario per il 9 dicembre. I due temi saranno al centro delle sessioni tematiche del Simposio sulla Salute “Designing the future European Health Union? Scaling-up ambitions, powering resilience (18 novembre), l’evento pubblico annuale che l’Istituto per la Competitività (I-Com) dedica alle politiche sanitarie dell’Unione europea e che sarà un’occasione utile, tra l’altro, per commentare il pacchetto di iniziative appena varato.

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