Industria italiana, la situazione all’alba del governo Draghi


Articolo
Domenico Salerno
Italiana

Gli ultimi 12 mesi hanno scosso l’economia italiana come non era mai accaduto nella storia Repubblicana del Paese. Gli effetti della pandemia sul nostro territorio sono ancora piuttosto evidenti e, tra regioni che cambiano colore da una settimana all’altra, molti settori industriali faticano a ripartire. Poco più di un anno fa, il 21 febbraio 2020, il “paziente 1” italiano veniva individuato a Codogno. Da allora, una pioggia di decreti emanati da autorità pubbliche, sia centrali che locali, hanno tentato di governare la crisi cercando il giusto trade-off tra salute pubblica e sostenibilità economica.

Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Istat il 23 febbraio 2021, nel 2020 il fatturato dell’industria italiana nel suo complesso è crollato dell’11,5% rispetto all’anno precedente. Difficoltà ascrivibile a tutti i settori, in primis, stando alla fotografia dell’istituto di statistica, al comparto energetico che ha lasciato per strada nel 2020 il 33,9% del proprio fatturato. Evidente, infatti, è il calo del fatturato subito dalle attività estrattive e di raffinazione, che tra dicembre 2019 e dicembre 2020 hanno lasciato sul terreno tra il 28 e il 30% dei propri guadagni. Nonostante il comparto stesse già mostrando difficoltà negli indici di redditività, un calo così evidente è sicuramente da attribuire alle restrizioni agli spostamenti e al blocco dell’industria che i governi hanno imposto per limitare la circolazione del virus, oltre al ribasso significativo del prezzo del petrolio della primavera scorsa. Se consideriamo il solo trasporto aereo, ad esempio, i dati diffusi dall’International Air Transport Association mostrano un crollo nella domanda di viaggi a livello globale del 65,9% tra il 2020 e il 2019. Il comparto energetico, tuttavia, sta più di tutti accompagnando il rimbalzo dell’economia (tra novembre e dicembre 2020 ha segnato +10,6% nel fatturato).

Le altre categorie merceologiche hanno subito una riduzione del fatturato più contenuta e di entità simile. Nel comparto dei beni di consumo la riduzione di entrate tra il 2019 e il 2020 si è attestata sull’8,1%, con una netta prevalenza dei beni durevoli (-9,4%) sui non durevoli (-8%). I beni strumentali e gli intermedi hanno perso rispettivamente l’11,3 e il 10,2% rispetto all’anno precedente. In generale il calo di fatturato dell’industria italiana nel 2020, al netto del comparto energetico, si è attestato sull’11,5%.

La situazione che il governo Draghi si troverà a dover gestire si può quindi definire piuttosto complicata. Un ulteriore scoglio che il nuovo esecutivo dovrà superare riguarda lo stop al blocco dei licenziamenti (previsto per fine marzo). Nonostante sia fondamentale evitare il crollo dei livelli occupazionali, le aziende che sono state colpite più duramente dalla crisi andrebbero lasciate libere di riorganizzarsi per poter ripartire. Altra partita fondamentale è quella del Recovery Fund. Molto si è parlato dei 209 miliardi del programma Next Generation Eu a disposizione del nostro Paese. Ancora da vedere, invece, come verranno effettivamente spesi. Nei prossimi mesi, quindi, il governo sarà chiamato a un cambio di passo e a decisioni coraggiose per salvaguardare l’integrità del tessuto economico nazionale.

Direttore Area Digitale dell'Istituto per la Competitività (I-Com). Nato ad Avellino nel 1990. Ha conseguito una laurea triennale in “Economia e gestione delle aziende e dei servizi sanitari” presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e successivamente una laurea magistrale in “International Management” presso la LUISS Guido Carli. Al termine del percorso accademico ha frequentato un master in “Export Management & International Business” presso la business school del Sole 24 Ore.

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