Sperimentazioni cliniche, cosa prevede il nuovo regolamento europeo


Approfondimento
Maria Vittoria Di Sangro
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Credit: Pixabay

Armonizzare le regole e i processi di valutazione e istituire standard più elevati per la sicurezza dei partecipanti. Ma anche assicurare la trasparenza grazie alla pubblicazione di tutte le informazioni che riguardano l’autorizzazione, lo svolgimento e i risultati di ciascuna sperimentazione condotta in Europa. Sono questi i punti cardine del nuovo Regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche entrato in vigore nei giorni scorsi. In pratica, si tratta di una svolta senza precedenti per il mondo della ricerca.

Dallo scorso 31 gennaio gli sponsor hanno la possibilità di decidere se presentare le domande di clinical trial in Ue seguendo la nuova regolamentazione. Le richieste presentate al di fuori del nuovo sistema saranno esaminate e valutate secondo la vecchia procedura fino al 31 gennaio del prossimo anno. Da quella data in poi, tutti dovranno seguire il nuovo iter. Entro gennaio 2025, invece, tutte le sperimentazioni in corso saranno trasferite al nuovo regolamento.

In passato, la procedura permetteva agli Stati di procedere in ordine sparso: gli sponsor dovevano presentare separatamente le domande di sperimentazione clinica alle autorità nazionali competenti e ai comitati etici di ciascun Paese. Anche la registrazione e la pubblicazione dei risultati costituivano processi separati. Il carattere nazionale e la conseguente frammentazione delle procedure per le richieste di trial clinici hanno determinato situazioni molto differenti tra i membri dell’Unione europea.

Il numero di sperimentazioni svolte nel Vecchio continente varia molto di Paese in Paese. E l’Italia certo non spicca per performance. Anzi. D’altro canto, ci sono Stati di piccole dimensioni che dimostrano una maggiore capacità attrattiva come Danimarca, Estonia, Paesi Bassi o Belgio, che hanno un numero di clinical trial per numero di abitanti nettamente superiore ad altri Paesi europei più grandi.

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Fonte: EudraCT 2020

L’ambiente normativo italiano non ha certamente incoraggiato gli investimenti in ricerca delle case farmaceutiche. I tempi di approvazione da parte di Aifa e dei Comitati etici sono già di per sé lunghi. A questi si aggiunge una farraginosa burocrazia nella quale spesso i centri di ricerca rimangono bloccati. I promotori hanno giornalmente a che fare con il peso della documentazione richiesta dall’autorità competente (Aifa o ministero della Salute) e soprattutto con la necessità, per gli studi multicentrici, di ottenere l’autorizzazione di tutti i Comitati etici ai quali afferiscono con procedure e richieste di documentazione spesso eterogenee e ridondanti.

Negli anni moltissime società scientifiche hanno lanciato appelli in questa direzione (come abbiamo approfondito in questo articolo). Una delle criticità maggiormente riscontrate era la numerosità dei Comitati etici. Se da un lato la presenza di un numero elevato di comitati poteva rappresentare una risorsa, la non omogeneità delle procedure di valutazione adottate da ognuno di questi rappresentava una enorme moltiplicazione di sforzi da parte degli sponsor degli studi, determinando un notevole aggravio sul bilancio complessivo di un progetto. Questa situazione di elevata complessità rappresenta indubbiamente uno spreco di risorse difficilmente accettabile e sostenibile soprattutto per la ricerca indipendente.

Mentre negli altri Pesi europei le normative puntavano sempre di più allo snellimento delle pratiche e a incrementare l’attrattività per gli investimenti, l’Italia non è mai riuscita ad attuare cambiamenti significativi. E questa è solo una delle ragioni per le quali dal 2006 al 2019 si è registrato un trend nettamente negativo nel numero di sperimentazioni condotte nel nostro Paese. Si è passati da un picco di 880 trial nel 2008 a un minimo di 564 nel 2017.

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Fonte: Report Altems “Il valore delle sperimentazioni cliniche in Italia” (2020)

Quali cambiamenti introdurrà il regolamento? La misura cardine attorno alla quale ruota la nuova procedura è la creazione del Clinical trials information system (Ctis), ossia un portale che rappresenterà il punto di accesso unico per gli sponsor e le autorità di regolamentazione statali gestito dall’Agenzia europea del farmaco (Ema).

La piattaforma sarà dedicata esclusivamente alla gestione delle sperimentazioni. Inoltre, includerà un database pubblico per gli operatori sanitari e per qualsiasi cittadino che voglia consultarlo. Grazie alla creazione del Ctis gli stessi sponsor potranno richiedere autorizzazioni in un massimo di 30 Paesi dello Spazio economico europeo contemporaneamente (i 27 Stati europei più Norvegia, Islanda e Liechtenstein) con la stessa documentazione.

Tutti i richiedenti utilizzeranno la stessa procedura per l’autorizzazione delle sperimentazioni indipendentemente da dove si trovano e con quale agenzia del farmaco o comitato etico hanno a che fare. L’autorizzazione e la supervisione degli studi clinici rimarrà responsabilità degli Stati membri mentre l’Ema sarà responsabile del mantenimento del Ctis. La Commissione europea, invece, svolgerà un compito di sovrintendenza all’attuazione del regolamento sugli studi clinici.

Il regolamento sugli studi clinici segna un passo importante e positivo per i pazienti europei e ci avvicina a un’Unione sanitaria europea più forte”, ha dichiarato la commissaria europea alla Salute Stella Kyriakides. Secondo l’esponente politica cipriota, “sarà possibile ottenere un’autorizzazione più rapida delle sperimentazioni cliniche nei nostri Stati membri, migliorando così l’efficienza della ricerca clinica nel suo insieme. Allo stesso tempo, verranno mantenuti gli elevati standard di qualità e sicurezza già fissati per tali prove”.

L’armonizzazione delle regole e dei processi di valutazione e supervisione dovrebbe garantire anche standard più elevati per la sicurezza dei partecipanti e la trasparenza delle informazioni, grazie alla pubblicazione di tutti i dati sull’autorizzazione, lo svolgimento e i risultati di ciascuna sperimentazione condotta in Europa. La divulgazione di questi documenti favorirà lo scambio di conoscenze tra i centri di ricerca disseminati nell’Ue e, di conseguenza, eviterà lo spreco di risorse dovuto alla ripetizione di ricerche con finalità simili.

Il regolamento si inserisce all’interno dell’iniziativa dal titolo “Accelerating Clinical Trials in the Eu” (ACT EU), nata dalla collaborazione tra la Commissione europea, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) e dall’Head of Medicine Agencies (Hma). Lo scopo è coordinare il raggiungimento degli obiettivi ambiziosi per la ricerca contenuti nella Strategia farmaceutica europea e nella Strategia del network delle agenzie del farmaco europee.

Bisogna tenere presente che la ricerca clinica rappresenta un volano per lo sviluppo e la crescita economica di un Paese e che l’incremento delle sperimentazioni è direttamente correlato alla maggiore disponibilità di alternative terapeutiche, all’accesso ai farmaci innovativi e a una maggiore appropriatezza prescrittiva. Per questi motivi è importante che il suo valore sia adeguatamente percepito sia dalle istituzioni, sia dai cittadini.

La conclusione che ne consegue è che per l’Italia il regolamento risulta essere una grande occasione per riuscire a valorizzare e rendere più visibili all’interno della Unione europea (e non solo) le proprie competenze, dando nuovo impulso alla ricerca clinica nei propri istituti.

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