Green bond, il volto verde della finanza


Articolo
Daniela Suarato

Nel 2007 la Banca europea degli investimenti emetteva la prima obbligazione green – il Climate Awareness bond – per il finanziamento di progetti legati al clima. Da allora, il mercato del debito sostenibile ha sperimentato una crescita incredibile: solo nel primo semestre del 2022 l’emissione globale di debito sostenibile ha superato i 700 miliardi di dollari. Una cifra importante, che oltre a testimoniare la sempre crescente attenzione verso le tematiche ambientali, spinge anche a riconsiderare l’idea, piuttosto radicata, che la parola finanza sia sinonimo di profitto senza scrupoli. Al contrario, la Finanza Sostenibile pone al centro il concetto di sostenibilità, diventando così un fattore trainante della transizione ecologica e uno strumento utile per promuovere la crescita inclusiva. Nel processo decisionale di investimento vengono considerati fattori di tipo ambientale (Environmental), sociale (social) e di governo societario (governance) – i cosiddetti fattori ESG – con l’obiettivo di indirizzare i capitali verso attività e progetti in grado non solo di generare un plusvalore in termini economici, ma anche di apportare benefici alla società nel suo complesso.

Nonostante si tratti di un mercato relativamente nuovo, il ventaglio di strumenti di finanza sostenibile a disposizione di emittenti e investitori è molto ampio ed è in continuo sviluppo. Tra i vari prodotti, dominano incontrastati i green bond. Per capire di cosa si tratta, partiamo da una definizione. Un green bond – o obbligazione verde – è uno strumento obbligazionario i cui proventi devono essere utilizzati esclusivamente per finanziare progetti o attività che apportano benefici ambientali o legati al clima. Imprese, banche, stati, e altri enti pubblici e organismi sovranazionali emettono obbligazioni verdi per raccogliere risorse da destinare a progetti green. D’altro lato, coloro che sottoscrivono le obbligazioni – gli investitori – oltre a ricevere una remunerazione del capitale investito, finanziano attività che contribuiscono a tutelare l’ambiente.

Se dal punto di vista finanziario i green bond presentano le stesse caratteristiche delle obbligazioni convenzionali, sotto il profilo del loro valore pubblico risulta fondamentale poter valutare correttamente l’effettivo impatto ambientale dell’investimento finanziato. In altre parole, è importante per l’investitore poter verificare la genuinità dell’etichetta green. Un compito non da poco, considerato che ad oggi non esiste né un registro di obbligazioni verdi tenuto da autorità o istituzioni internazionali, né uno standard ufficiale e globalmente riconosciuto per la certificazione dei green bond. L’etichetta “verde” viene infatti assegnata dallo stesso emittente o da una società terza scelta dall’emittente, sulla base di alcuni criteri specifici. Le linee guida più diffuse che stabiliscono questi criteri sono i Green Bonds Principles (GBP), redatte dall’International Capital Market Association (ICMA) e pubblicate per la prima volta nel 2014. I GBP consistono di quattro “regole” fondamentali che l’emittente deve rispettare affinché un’obbligazione possa essere certificata “green”, ovvero:

  • I proventi devono essere utilizzati per finanziare progetti che generano evidenti benefici a livello ambientale;
  • l’emittente deve individuare i progetti che saranno finanziati e comunicare chiaramente i criteri di selezione adottati per individuare tali progetti;
  • i proventi del bond devono essere vincolati ai progetti selezionati e resi tracciabili dall’emittente;
  • l’emittente è tenuto a comunicare lo stato di avanzamento dei progetti finanziati, assicurandosi che i fondi raccolti siano effettivamente utilizzati per gli scopi inizialmente previsti.

La continua espansione del mercato ha spinto anche la Commissione Europea a presentare una proposta per uno standard comune europeo (European Green Bond Standard – EUGBS) che dovrebbe essere approvato verso la fine del 2022 e potrebbe dare un’ulteriore spinta al mercato. Gli emittenti che desidereranno utilizzare la denominazione “European Green Bond” dovranno rispettare principi simili a quelli definiti dall’ICMA, oltre ad alcuni requisiti più specifici. Ad esempio, i fondi raccolti dovranno essere indirizzati verso progetti conformi alla tassonomia verde dell’EU e la certificazione green dovrà essere rilasciata da imprese incluse in una lista gestita dall’European Securities and Markets Authority (ESMA).

Affinché il mercato dei green bond possa indirizzare un ammontare significativo di fondi verso progetti con ricadute positive sull’ambiente, è essenziale che le obbligazioni verdi soddisfino le esigenze di entrambi emittenti e investitori. A tal proposito, diversi studi empirici evidenziano l’esistenza di un greenium o “premio verde”, termine che sta ad indicare la differenza tra il rendimento di un’obbligazione convenzionale e quello di un’obbligazione verde con simili caratteristiche. Il greenium implica che l’investitore che sottoscrive un green bond è disposto ad accettare un rendimento minore rispetto a quello che otterrebbe da un’obbligazione convenzionale. Per gli emittenti, quindi, i benefici sono almeno due: oltre alla ricaduta positiva in termini di immagine, la realizzazione di un progetto “verde” viene premiata attraverso un minor costo di finanziamento. Per quanto riguarda gli investitori, invece, la nozione di green premium suggerisce l’esistenza di benefici non finanziari, che possono essere esplorati analizzando in maniera più approfondita i driver alla base della domanda di green bond. Questi ultimi possono essere suddivisi in tre macrocategorie: driver sociali, ambientali ed economici. In primo luogo, può essere osservato che la crescita del mercato dei green bond coincide con una tendenza crescente all’impegno in pratiche di responsabilità sociale di impresa (RSI) e con l’aumento della domanda di investimenti socialmente responsabili. In quest’ottica, il mercato dei green bond viene rafforzato da questi trend ed offre ai suoi partecipanti, sia emittenti che investitori, un certo grado di capitale reputazionale. Per quanto riguarda i driver economici, secondo alcuni studi i green bond mostrano una scarsa correlazione con altri titoli a reddito fisso e una minore volatilità, e consentono quindi un’efficace diversificazione del portafoglio. Infine, i green bond rappresentano strumenti attraverso i quali l’investitore può esprimere la sua preferenza per attività che hanno un impatto positivo sull’ambiente e dimostrare, inoltre, un impegno “misurabile” verso questioni di sostenibilità ambientale. Tutti questi fattori hanno supportato lo sviluppo del mercato delle obbligazioni verdi e contribuiscono a spiegare l’esistenza del cosiddetto green premium.

Dunque, non solo motivi strettamente finanziari, ma anche una maggiore consapevolezza ambientale e sociale stanno contribuendo ad indirizzare i capitali verso settori e progetti più sostenibili. Nei prossimi anni, gli investimenti privati saranno fondamentali per raggiungere gli obiettivi climatici e la finanza sostenibile potrà dare un contributo chiave al processo di transizione ecologica.

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